Appreciation moment: MØ

di Magda Redaelli

Con il suo primo album, No Mythologies to Follow, la cantautrice danese MØ – all’anagrafe Karen Marie Ørstedt, classe 1988 – presenta un lavoro eclettico, multiforme ed armonioso: senza dubbio il risultato di una lunga evoluzione artistica.

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Crescendo con le Spice Girls e passando attraverso il punk e l’hip-hop, in un percorso di ricerca in continua evoluzione, la giovane cantautrice ha avuto modo di plasmarsi una nutrita identità musicale e di dare forma ad un lavoro coerente e di ampio respiro. Un album ricco di influenze, di contaminazioni, a cui hanno collaborato celebrità della music industry del calibro di Iggy Azalea e Major Lazer. MØ si impone oggi come una delle maggiori protagoniste della scena electro-pop internazionale. Per comprendere l’universo multiforme di No Mythologies to Follow, uno sguardo al percorso musicale di Karen e a tutte le influenze presenti nel suo lavoro è inevitabile.

Karen afferma di avere iniziato ad interessarsi alla musica all’età di sette anni grazie alle Spice Girls, che erano e restano per lei ancora oggi degli idoli e delle muse. Citando le sue parole:

Quando le vidi in televisione, trovai per la prima volta qualcosa che mi entusiasmasse davvero. Non fraintendetemi: tutte le bambine all’epoca impazzivano per le Spice Girls. Ma io la presi molto, molto seriamente. Ed è per questo che ho iniziato con la musica, da adolescente. Ho iniziato a scrivere canzoni grazie alle Spice Girls.

Da adolescente, il primo progetto musicale di Karen è già parecchio lontano dallo stile perfect pop delle cinque ragazze idolo degli anni ’90. Come racconta in un’intervista, un bisogno di contestazione generale comincia a manifestarsi in ogni aspetto della sua vita, contro la famiglia, i coetanei, la società. In questo periodo Karen inizia a frequentare gli squat e ad addentrarsi nella comunità punk della sua città.

Ancora oggi particolarmente affezionata a Kim Gordon e ai testi dei Sonic Youth, nel 2007 fonda MOR, duo punk con l’amica Josephine Struckmann. Con MOR, le due ragazze portano le loro performance negli squat e nei centri sociali del vecchio continente e oltre, fino a New York. “Abbiamo ottenuto subito quello che definivamo successo: suonavamo negli squats di tutta Europa”. “Abbiamo suonato ogni weekend in giro per squats. Provavamo solo questa enorme energia. Dal palco parlavamo di politica, di cose che erano importanti per noi. E che fosse uno stupido slogan del tipo Fuck Nazis, o Fuck the government, o Fuck Everything.… cioè, avevamo solo 17 anni.”

In seguito allo scioglimento di MOR, annunciato ufficialmente nel 2012, Karen intraprende un progetto rap da solista. Avvicinatasi all’hip-hop una volta all’università, crea un alter ego dalle rime trash ed aggressive ispirato direttamente a Peaches, della quale è grande fan. Ma è dopo aver abbandonato anche quest’identità per trovare un cantato più melodico, che il produttore danese Ronni Vindahl le propone una collaborazione: è l’inizio di MØ, progetto che riflette, in dosi differenti, le fasi attraversate da Karen lungo il suo percorso di crescita musicale, integrando produzioni che spaziano tra electro-pop, pop-trap e modern bass. All’interno di No Mythologies to Follow possiamo infatti rintracciare molteplici sfumature e atmosfere, a cominciare dai primi due singoli Maidene Pilgrim, che rimandano all’universo melodico di Lykke Li, passando per Never wanna know, in cui si può sentire chiaramente l’influenza di Lana del Rey nell’uso della voce e nelle sonorità calde e sature di riverbero, per approdare infine a XXX 88 feat. Diplo, una delle tracce in cui è più evidente la presenza della contaminazione bass music.

MOMO

Karen considera i suoi progetti degli alter ego, degli ibridi che contengono parte di lei e parte di altro/i, la cui creazione è un processo che corrisponde alla vera e propria nascita di un personaggio. L’influenza di due delle sue muse in particolare, Melanie C e Kim Gordon è fondamentale per MØ, che si ispira direttamente a loro:

Realizzai che potevo dar vita a infinite combinazioni e creare una sorta di personaggio artificiale che fosse in parte me, in parte Kim Gordon e in parte Sporty Spice (…) Tutti pensavano che fossi pazza. Ma il fatto che potessi pensare e agire concettualmente, mi faceva sentire libera.

Sentirsi libera sembra essere fondamentale per Karen: attraverso l’uso della voce, le performances e i videoclip è impossibile ignorare l’energia nei movimenti e l’uso della musica come strumento liberatorio. Negli ultimi anni, però, il suo modo di concepire la musica si è evoluto rispetto a quando la Karen punk si esibiva con MOR: in MØ, testi e performances non hanno più una funzione di sfogo immediato. La pratica della scrittura e dell’uso della voce si sono sviluppate in una dimensione più concettuale: “C’è qualcosa di ironico in questo, perciò chiamai il progetto , che significa “vergine” in Danese. Mi piaceva l’idea che il mio alter ego avesse un nome insolito e che fosse sempre in agitazione. Non era più questione di sbollire emozionalmente attraverso la musica. Tutto era cambiato”.

L’energia, trasposta quindi da un livello “cutaneo” ad uno piu’ viscerale, è evidente nella ludica relazione tra i suoi testi, generalmente evocativi della confusione, del dubbio, della costante sensazione di “non capire e di non sapere esattamente, rispetto alle basi musicali: lo sconcerto causato da questi stati d’animo è sempre stemperato da un’atmosfera leggera, spesso apertamente festiva nelle melodie e nelle ritmiche. Parlando dell’eccessiva serietà di alcuni dei gruppi della scena punk che apprezzava durante la sua adolescenza, Karen afferma:

Penso sia importante equilibrare sempre la serietà e la tendenza alla reazione sproporzionata.

Quindi, in definitiva, il segreto dell’originalità di MØ – e dell’armonia nonostante l’eterogeneità di No Mythologies to Follow– risiede nelle spinte equilibratrici, nella sintesi, di tesi e antitesi: chaos e ordine, emozione e riflessione, musica elettronica e anima vocale.

E se mai questo insieme dovesse sembrare incoerente e disarmonico alle orecchie di qualcuno, come la sua disastrosa performance a fianco di Iggy Azalea al Saturday Night Live, Karen spiega molto umilmente:

Non sono perfetta, non ho mai preteso di esserlo, non voglio esserlo, ma sì, a volte fa schifo essere un antieroe. Ciò che posso dire, è che bisogna apprezzare ciò che si è!.


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