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Il trucco e l’inganno dei tredici anni: “Misdirection” di Lucia Biagi

Ehi, non piangere. Sistemeremo tutto.

Prima di avere la possibilità di leggere il nuovo libro di Lucia Biagi che porta questo titolo, ero stata introdotta al concetto di “misdirection” dalla televisione – nello specifico dalla sitcom di culto Arrested Development.

In una puntata della prima stagione, Gob (interpretato da Will Arnett) si ostina a voler fare il mago nonostante manchi completamente di talento, e scambia invidioso due battute con sua sorella Lindsay (Portia de Rossi) che ha appena raccontato di aver rubato dei vestiti da un negozio. Vuole sapere quale trucco abbia utilizzato per creare la “misdirection”, il diversivo per distogliere cioè l’attenzione dei presenti e portare a termine il taccheggio. Lei risponde impassibile: “Non lo so. Il mio sedere”.

Misdirection è un termine effettivamente appartenente al mondo della magia e dell’illusionismo, che in italiano potrebbe essere tradotto con “distrazione” e sta ad indicare la condizione fondamentale attraverso cui si effettua un gioco di prestigio, la tecnica con cui l’illusionista nasconde al pubblico il modo in cui ha eseguito il trucco.

È incredibile come mi sarebbe tornata in mente quella scena dopo aver finito di leggere la graphic novel di Biagi. Uscita a marzo per Eris Edizioni, dal titolo mi dava ad intendere che qualcosa nella trama avrebbe tentato di distrarmi da una rivelazione più importante, ma ho abboccato e fino alle ultime pagine sono stata convinta di aver capito cosa stesse cercando davvero Federica, la protagonista – ma avevo sottovalutato un intero universo di segni.

Misdirection è la storia di una ragazza che cerca un’amica scomparsa nel nulla. O forse no? Sono stata distratta da un corpo femminile anche io, durante la lettura?

Federica è una ragazza di tredici anni che sta trascorrendo le vacanze estive a Sestriere, località sciistica piemontese, assieme ai nonni materni. Il nome della cittadina non viene mai menzionato, ma l’edizione francese dell’opera – uscita a febbraio, con un mese di anticipo sull’Italia – è stata intitolata Sestrières sciogliendo ogni dubbio sull’identificazione.

A Sestriere, Federica ha un’amica del cuore, Noemi. Quando un sabato mattina si sveglia e la cerca per invitarla in piscina, non riesce però a rintracciarla. La sera prima erano andate assieme in discoteca: cosa sarà successo dopo? Federica ha mal di testa e non riesce a ricordarlo. Noemi non risponde al cellulare, nessuno sa dove sia – e, ad aumentare l’angoscia dell’amica, nessuno pare preoccuparsene.

Prima di lanciare l’allarme, Federica ne parla con il suo amico Giorgio – un coetaneo che non sembra simpatizzare per la scomparsa, ma sostiene comunque gli sforzi dell’amica per trovarla. È proprio lui a ritrovare poco dopo il “phoniglio” (lo smartphone di Noemi chiamato così per via della cover con le orecchie da roditore) sul pavimento del terrazzo del residence. Mentre controlla le notifiche sul phoniglio, Federica incappa in una foto osè – un torso nudo di una ragazza, il cui volto è però fuori dall’inquadratura – capisce immediatamente che si tratta di Noemi, ma non sa spiegarsi l’esistenza di uno scatto simile.

Con una sensazione di disagio che non smetterà di accompagnarla, Federica proseguirà la sua indagine in segreto, assieme a Giorgio, interrogando le persone in paese, verificando se ci sono novità nelle notifiche del phoniglio, arrivando a mettere a repentaglio la sua incolumità per capire dove sia finita la sua amica.

La foto provocante arriva via Sneeky, un’applicazione che, scopriremo più avanti, consente di condividere coi propri contatti foto (anche piccanti) in cambio di denaro, mantenendo l’anonimato. L’app esiste per davvero: è uno dei tanti riferimenti alla cultura popolare che l’autrice ha inserito nel testo (un altro, per esempio, è Ingress, un gioco che Giorgio ama e che sfrutta la realtà aumentata, come Pokémon Go).

“Non conoscevo Sneeky”, mi racconta durante una chiacchierata online. “L’ho trovata mentre facevo ricerca su app di foto e texting che sfruttassero l’anonimità per funzionare. Questa mi ha colpita per il fatto che ti fa comunicare con persone della tua rubrica e non persone a caso. Se ci pensi così la segretezza non ha molto senso, ma faceva proprio al caso mio!”

Anche la Sestriere in cui si muovono i due giovani “detective” prende qualcosa in prestito dalla pop culture del passato: la località piemontese (la cui stagione forte è ovviamente l’inverno, e che in estate risulta completamente deserta) è raffigurata infatti come una piccola Twin Peaks, un paesaggio mozzafiato circondato dalle foreste, dove però è arrivata la crisi e i abitanti si sono induriti; dove tutti si conoscono e spesso – come nel caso nella cassiera pettegola – si fanno volentieri gli affari altrui. Un luogo sospeso tra la semplicità dei caratteri degli adulti più anziani, che la montagna l’hanno vissuta e la amano anche se ha smesso di aver qualcosa da offrire, e la noia delle nuove generazioni, ricche di risentimento nei confronti di coloro che vengono “da fuori” e possono scegliere di andarsene quando vogliono.

Lucia Biagi conosce bene Sestriere perché ci passava le vacanze con la famiglia: “Ho sempre avuto la sensazione che avesse dei lati nascosti un po’ inquietanti, non so neanche spiegarlo bene. Quando giravamo di notte e c’era quel silenzio di tomba, sembrava proprio un posto a metà fra Twin Peaks e Chi l’ha visto. Ricordo di aver pensato ‘io sto qui in vacanza due settimane, ma chi ci vive impazzirà di sicuro’”.

I messaggi registrati dell’Agente Cooper sono sostituiti dagli audio-diari che Federica registra sul suo cellulare (“C’era un gruppo di ragazzini che veniva in negozio… Sono stati i primi che ho visto usare i messaggi vocali per non dover scrivere. Ora è diventato normale, ma due anni fa mi aveva stupito” spiega Biagi – che gestisce una fumetteria in centro a Torino). I sintetizzatori di Angelo Badalamenti sono sostituiti invece dai bassi di Major Lazer, Years & Years e persino Salmo – ascolto plausibile tra gli adolescenti di oggi, ma citazione affatto ovvia per i fumetti di autori italiani. Per fortuna, ad ogni modo, non ci sarà nessun cadavere avvolto nella plastica.

Le tavole sono in un’insolita bicromia viola e verde acqua, colori pop che all’autrice ricordano un po’ le tute da sci che le mettevano da piccola: “Mi sembra che l’accoppiata funzioni anche bene per un paese rimasto agli anni ’90”, scherza.

La narrazione non è lineare, ma intervallata da flashback strategicamente posizionati per farci scoprire un po’ per volta cosa sia successo venerdì sera quando Federica e Noemi sono uscite, e, ancora più importante, il tipo di relazione che avevano. Nel presente del sabato, infatti, Noemi non c’è, e tutto quello che sappiamo di lei è filtrato dalle opinioni altrui (di Federica, dei ragazzi del posto, della madre e del suo compagno).

È in quelle pagine completamente viola che scopriamo che tra le due c’è una piccola differenza di età (Noemi ha 17 anni) e un’enorme differenza di carattere. Noemi è una estroversa, popolare, capricciosa. Federica è timida, ingenua, leale.

Noemi è disinvolta, sicura del proprio aspetto, conscia della propria sessualità, mentre Federica non esce mai senza lenti a contatto, si tiene lontana dalle patatine in sacchetto per paura di ingrassare, è imbarazzata dalle foto di nudo che arrivano via Sneeky. Ma ha delle passioni: disegna pupazzi e li ritaglia per creare piccole animazioni in stop motion (da caricare rigorosamente su Instagram) e parla di fumetti con Giorgio. Sogna. Noemi ha già smesso di farlo, è diventata cinica, disillusa; ha deciso che darà agli altri quello che si aspettano da lei, senza provare a contraddirli.

Queste sono due ragazze nate a cavallo degli anni Duemila (con un veloce calcolo: Noemi è nata nel 1998, Federica nel 2002); non hanno ancora capito cosa vogliono essere, ma il mondo attorno a loro ha già deciso come etichettarle. Noemi, per gli abitanti del paese, è “una che si nota”, che sta “sempre con uno diverso”, “minorenne, eppure in certe cose sembra laureata”, “zoccola”. Ma anche Federica, che abbiamo visto ha un carattere opposto, è criticata e non risponde ai canoni: i bulli la chiamano Vetro (per via degli occhiali), altri “pesante”, “una bambina, una turista”, “una di quella che si vuole fare i muntagnin”.

Lucia Biagi allarga l’inquadratura e ci fa vedere che gli stereotipi di genere dominanti ostacolano la crescita anche ai ragazzi che non vi si conformano: Giorgio è senza capelli per via dell’alopecia, non se ne cruccia (“Sono il fortunato su duecentomila”, dice) ma viene chiamato “Capello”, “Voldemort” o “Alieno” e tormentato da altri ragazzi a causa del suo carattere riservato.

Alla fine del libro, una delle protagoniste dice “Credo di aver capito che una ragazza sbaglia sempre” e contemporanemente a lei, ci rendiamo conto di quale fosse la misdirection del titolo: pensavamo di essere di fronte alle avventure estive di una ragazza che si appresta ad iniziare le superiori, ma tra le righe c’era un altro messaggio che stava passando. Si tratta di quello di un’autrice preoccupata per i danni che sta creando la società patriarcale in cui viviamo, società che pone in cima alla piramide delle priorità l’approvazione maschile, giudica al microscopio caratteri e corpi, e più tristemente, porta anche le ragazze più giovani (che non hanno strumenti per difendersi) a interiorizzare questa mentalità e giudicarsi negativamente tra di loro.

“Scoprire il trucco” provoca tristezza, rabbia e stanchezza (“Non voglio stare a sentire cazzate”, dice Federica). Prima ancora di entrare nel vivo dell’adolescenza, a tredici anni ha già visto quanto sia difficile essere una ragazza (e un’amica) oggi. Non possiamo fare altro che accogliere la sua amarezza e consolarla, come fa la madre quando la vede rientrare per cena, che anche se non capisce perché sta piangendo le dice che si sistemerà tutto.

Lucia Biagi con uno dei suoi gatti, Rollins

 

Lucia Biagi è nata a Pisa nel 1980, e dal 2010 vive a Torino col fidanzato, con cui gestisce la fumetteria Belleville Comics, e due gatti. Ha una laurea in ingegneria informatica e una passione per l’handmade. Misdirection è il suo terzo libro dopo Pets (2009, Kappa Edizioni) e l’apprezzato Punto di fuga (2014, Diabolo Edizioni – nomination per miglior fumetto al Treviso Comic Book Festival 2015).

Nel 2014, Maria Teresa Soldani le ha dedicato una puntata di Diari Pisani, la serie di videodocumentari dedicata agli esponenti della scena artistica e culturale contemporanea di Pisa.
Il suo sito ufficiale è whenaworld.com.

 


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