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Il centenario della morte di Mata Hari

Il centenario della morte di Mata Hari

Come avevo illustrato in un precedente articolo su Laura D’Oriano, nell’immaginario collettivo è fortemente radicato un certo stereotipo di spia donna. Il ruolo della spia, d’altronde, tende ad ispirare sentimenti fra loro opposti e contraddittori: se, da una parte, l’attività di spionaggio viene considerata deprecabile e spaventosa, dall’altra è capace di evocare una moltitudine di suggestioni e fascinazioni. Nel caso delle spie donne, inoltre, gioca una componente fondamentale la costante sessualizzazione delle loro azioni.

Per quanto gli stereotipi non siano altro che euristiche mentali scarsamente aderenti alla realtà, possono esserci alcuni personaggi che invece sembrano incarnarli alla perfezione, o perfino contribuire alla loro costruzione. Vediamo se è questo il caso di Mata Hari, l’agente segreta più famosa della storia.

Greta Garbo interpreta Mata Hari nel film omonimo del 1931

Prima di diventare la leggendaria danzatrice bruna ritratta su cartoline, cartelloni e pacchetti di sigarette, Mata Hari si chiamava semplicemente Margaretha Geertruida Zelle, nata in Olanda, a Leeuwarden, il 7 agosto 1876.
Margaretha era la figlia di un commerciante che, per un certo periodo, poté garantirle una buona istruzione ed educazione. La fortuna della sua famiglia finì però quando la ragazza aveva solo tredici anni: gli affari del padre cominciarono ad andare male e le tensioni che ne scaturirono portarono alla separazione dei suoi genitori. Ancora, l’anno successivo sua madre morì. Così Margaretha venne affidata ad uno zio che viveva a L’Aia.

Nel 1895, per evadere da una realtà familiare che le era assai stretta, decise di rispondere all’annuncio matrimoniale di un uomo di ben vent’anni più grande di lei, Rudolph MacLeod, capitano in licenza sanitaria dalle colonie indonesiane ad Amsterdam. La coppia si sposò l’anno successivo e si stabilì in Indonesia, dove il capitano aveva ripreso servizio. Fu qui che Zelle – ventenne – ebbe modo di assistere per la prima volta ad una danza locale, rimanendone folgorata.

La vita matrimoniale, tuttavia, si rivelò piuttosto burrascosa. Le liti erano frequenti, MacLeod beveva ed era molto possessivo nei confronti della sua giovane moglie, che spesso malmenava. In quello stesso periodo Zelle cominciò a vestire in modo esotico, provocando un certo scandalo fra le famiglie delle colonie, e a farsi chiamare Mata Hari, letteralmente “Occhio dell’Alba”. Il fragile equilibrio familiare ebbe il colpo di grazia con la morte del loro primogenito, avvelenato per mano di una cameriera (le cui ragioni rimangono ancora inspiegabili).

I coniugi, insieme alla loro seconda figlia, decisero quindi di tornare a vivere in Europa ma, in brevissimo tempo, il matrimonio naufragò definitivamente e la custodia della bambina andò al padre (Mata Hari non aveva lavoro e possibilità economiche per badare al sostentamento della bambina). All’epoca aveva appena ventisei anni e già molte avventure alle spalle, decise che era tempo di cercare fortuna, ricominciando da capo in una grande città: scelse Parigi, perché lì avrebbe potuto coltivare la sua passione per il mondo dello spettacolo e la danza.

“Pensavo che tutte le donne che scappavano dai loro mariti ci andassero [a Parigi]”
Diari, Don’t Think That I’m Bad: Margaretha Zelle Before Mata Hari  

Arrivò nella città nel marzo del 1903, ma l’inizio non fu proprio come se lo aspettava: cercò di fare la modella per alcuni pittori, ma questi erano scontenti di lei; diede lezioni di tedesco, di pianoforte; provò come commessa. Nel frattempo, si circondò di persone facoltose e divenne anche l’amante di un uomo ricco, il barone Henri de Marguérie.

Alla cerchia del barone, si presentava col nome di Lady Gretha MacLeod, creando di volta in volta strane storie sulle proprie origini, come ad esempio quella secondo cui diceva di essere figlia di una sacerdotessa indiana, cresciuta in un tempio di Shiva. Queste storie contribuirono a creare intorno a lei un alone di mistero che, unito alla sua forte personalità e spirito di iniziativa, in poco tempo la fecero notare da un impresario (Monsieur Molier), che le organizzò un’esibizione di danza in una casa privata, nel febbraio 1905.
Fu solo in seguito però, col suo secondo impresario Emile Guimet, che Lady MacLeod divenne celebre come la ballerina “Mata Hari”.

Illustrazione di Elena Mistrello

Nonostante una certa impreparazione tecnica, la bellezza e l’intensità delle sue esibizioni diffusero a macchia d’olio la fama della donna in tutta la città. Mata Hari si mostrò inoltre molto abile e capace nel mantenere attenzione e curiosità intorno a sé, continuando ad alimentare il proprio mito con una serie di racconti circa la propria vita, che i media apprezzavano particolarmente.

Fino al 1914, viaggiò in tutta Europa e si esibì nei più famosi locali e teatri. Quell’anno ebbe però iniziò la Prima guerra mondiale, e questo evento cambiò completamente la sua vita.

Gli spostamenti forzati cui fu costretta in tempo di guerra la riportarono a L’Aia, e fu qui che venne assoldata dal colonnello tedesco Alfred von Kremer, come spia per la Germania: l’Agente H21, poi AF44, aveva il compito di carpire e fornire informazioni relative all’aeroporto di Contrexéville, presso Vittel, in Francia. Per ottenere le informazioni avrebbe dovuto servirsi di uno degli uomini che amava, forse quello di cui era veramente innamorata: il capitano russo Vladimir “Vadim” de Masslov.

Una volta raggiunta la Francia, però entrò in contatto anche con i servizi segreti francesi, che la assoldarono a loro volta tramite il capitano George Ladoux, proponendole un pericoloso doppio gioco, che lei accettò in cambio di una enorme cifra di denaro. La sua attività venne scoperta circa un anno dopo, dai tedeschi, che a quel punto decisero di incastrarla in modo che la scoprissero anche i francesi.

Durante il processo, Mata Hari cercò inizialmente di negare ogni responsabilità, anche grazie alla scarsità di prove a suo carico. Tuttavia, dopo poco si trovò costretta ad ammettere il doppio gioco portato avanti e venne condannata a morte per fucilazione dal governo francese.
Venne uccisa il 15 ottobre 1917, cento anni fa. Il suo corpo non venne reclamato da nessuno e fu sepolto in una fossa comune, ma la sua testa, il vero e proprio strumento che l’aveva portata in alto, venne portato via in circostanze misteriose. L’ennesima, strana storia intorno alla sua vita e alla sua morte.


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