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“Born to lose”: un viaggio nel grande ...

“Born to lose”: un viaggio nel grande cuore di Nicoz Balboa

Non erano perfetti, ma di strada ne abbiamo fatta, non trovi? Nei primi numeri puoi sentire e vedere che alcune delle autrici, anche se non erano poi tanto abituate a disegnare per conto loro, avevano una certa urgenza di esprimere loro stesse, e dire tante, tantissime cose.

Julie Doucet*

Ricordo perfettamente la prima volta che lessi Born to lose, il diario a fumetti di Nicoz Balboa. Era una notte di svariati mesi fa. Non riuscivo a dormire a causa dei dolori da ciclo, così mi ero tirata su a sedere sul letto e avevo preso dal comodino il libro che era arrivato in casa mia pochi giorni prima, sperando mi distraesse dalle fitte insopportabili che stavo provando. Anche se ero stordita dalla stanchezza e dagli antidolorifici, rimasi sveglia per ore a leggere, e piansi silenziosamente sulle certe pagine in cui l’autrice, facendo autocritica, mi sembrava troppo dura con se stessa. Riposi il libro solo dopo averlo finito, il dolore si era affievolito, e sapevo che il giorno dopo avrei voluto sapere tutto di lei.

Born to lose è un racconto in forma di diario della “fase 2” della vita di Nicoletta Zanchi alias Nicoz Balboa, ovvero la sua vita da giovane madre, expat in Francia.

Amatissima artista romana, tra i tardi anni Novanta e primi Duemila, a cavallo tra la maturità e gli anni dello IED, aveva marchiato a fuoco la scena fanzinara locale, producendo valanghe di autoproduzioni a fumetti con nomi coloritissimi come “Catholic Girls” o “Caccapiscia”.
Il suo talento aveva poi trovato nel pirografo il suo strumento di creazione elettivo e aveva colpito parecchi galleristi in Italia e all’estero, così in un baleno i suoi lavori erano stati esposti a Roma e Milano, e poi Londra, Berlino, New York, Montreal… Il trasferimento a La Rochelle (Francia Sud-occidentale) aveva coinciso coll’abbandono del mezzo fumetto e il decollo della sua carriera come pittrice e tatuatrice. In Francia si era pure sposata con Guicho, anche lui tatutatore, e aveva avuto con lui una figlia, Mina (classe 2009).

Ciò che succede dopo, ce lo racconta appunto in Born to lose. Un libro che copre circa due anni di appunti di vita, disegnati ossessivamente sulle pagine rigate delle sue agende ribattezzate scherzosamente MOMeskine.
Questo diario grafico per lungo tempo era stato solamente uno sfogo sul web (dalla carta allo schermo retroilluminato, il tempo di una scansione) e solo in seguito al corteggiamento di Igort, allora direttore editoriale di Coconino, si era potuto trasformare in un vero e proprio e meraviglioso oggetto libro.

Le pagine di diario sono piene di energia, di “urgenza” come quella di cui parla Julie Doucet nella citazione di apertura, di voglia di urlare perché qualcosa quel tal giorno è andato o super bene o super male (spesso: male). Nicoz Balboa dedica il libro proprio a Julie Doucet, che con i suoi pluripremiati New York Diaries e Dirty Plotte ha rivoluzionato il fumetto underground americano, e glielo dedica dicendo in soldoni che se disegna è proprio grazie a lei. Che se sta disegnando la sua vita è solo perché Doucet le ha mostrato che si poteva fare, che aveva senso farlo.

La vita raccontata in questo libro è quella di una donna che sente di stare fallendo il suo tentativo di essere felice – felice come artista, come moglie, come madre – ma prova con tutte le sue forze a tenersi insieme. Nata per fallire, come nella canzone di Johnny Thunders o degli UFO.

La descrizione della sua relazione con G., in particolare, è devastante. Lui la fa soffrire, la umilia, le urla contro e le fa mancare l’affetto di cui ha bisogno, e lo fa mancare anche a Mina. Per l’autrice è molto difficile riuscire ad accettare l’idea che la loro storia stia andando a rotoli e che la soluzione per il bene anche della figlia sia divorziare (spoiler post-libro: divorzieranno e la sua vita andrà ovviamente avanti), ma la disegna ugualmente, perché sa che l’unico modo che ha per accettare la realtà è raccontarla.

Una lotta intestina raccontata nel modo più onesto, sporco e diretto possibile. Sola davanti alla pagina, guidata dal suo spirito punk Nicoz disegna ogni cosa, dalle gite al mare ai giochi con Mina, dall’allattamento alle ricette vegane, dal sesso svogliato a quello appassionato, dai concerti alle mostre, alle felici sedute per tatuare e via così, a un ritmo velocissimo, che ci coinvolge e ci dà anzi la sensazione di conoscerla davvero.

Nel corso dei mesi sono tornata più volte sul libro, e l’ho fatto sempre di notte, come la prima volta. Quando avevo bisogno di compagnia o di qualcuno che si lamentasse al posto mio dei problemi dell’età adulta. Born to lose è un diario feroce ed entusiasmante insieme, che ha il pregio di farci sentire meno sol* e meno sbagliat*. Se mai ci sarà un sequel io vorrei si chiamasse “Born this way”.

 

* Julie Douchet intervistata su The Comics Journal, accenna a The Complete Wimmen’s Comix?, una raccolta di fumetti scritti esclusivamente da donne, durante gli anni Settanta, ripubblicata da Fantagraphics.


Cose belle:

I diari di Nicoz continuano tuttora su Instagram, potete vederli qui, a pagamento.

Assieme alle amiche Lorena e Ariel, Nicoz ha aperto un anno fa Wooden Finger Shop, negozio online di merch illustrato per nerd e amanti di tattoo, musica e animali. Fateci un salto!


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