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Tampon tax: gli assorbenti non sono un bene di lusso

Vi ricordate #unlibroèunlibro, la campagna del 2015 sulla riduzione dell’IVA per equiparare gli ebook e i libri di carta? Gruppi industriali, autori e lettori accaniti si erano uniti in una grande campagna in difesa delle storie, quale che fosse il supporto su cui venivano lette. La campagna fece leva su un profondo coinvolgimento di tutte le persone interessate, sia coloro che i libri li facevano che coloro che li leggevano.

Quest’ultima fetta di popolazione secondo gli ultimi dati certi del 2014 ammonta a circa 23 milioni e 750 mila persone: la statistica considera un lettore ogni persona sopra i 6 anni che dichiari di aver letto almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali nei 12 mesi precedenti alla rilevazione. Sempre nel 2014, in Italia i cittadini residenti erano 60 milioni e 800 mila, di cui il 51% donne.

A gennaio 2016 i giornali hanno parlato della proposta di legge firmata da Pippo Civati, Beatrice Brignone, Luca Pastorini e Andrea Maestri per proporre l’abbassamento dell’IVA degli assorbenti igienici e di tutti i loro simili (le coppette, i tamponi, le spugne, tutti i prodotti igienico-sanitari femminili. Chiamiamoli assorbenti da qui in poi per comodità) dal 22% al 4%.

L’aliquota IVA del 4% e 10% è riservata ad alcune categorie di prodotti considerate di primaria importanza, vuoi per loro stessa natura o per la loro utilità sociale. Si va dai generi alimentari ad alcuni servizi come le utenze domestiche o i lavori sulla prima casa.

Sembrerebbe abbastanza naturale che gli assorbenti igienici siano per loro stessa natura o per utilità sociale dei beni di prima necessità, no? No. Paragonate le reazioni alla campagna contro la cosiddetta tampon tax – una su tutte: Luciana Littizzetto a Che tempo che fa – a quelle sulla campagna sui libri del 2015.

Perché per i libri la richiesta dell’abbassamento dell’IVA è stata presa in considerazione in assoluta serietà e per gli assorbenti è stata accolta con un ventaglio di reazioni dai risolini da terza media al benaltrismo del non sono questi i veri problemi? La risposta sta tutta nel valore simbolico degli oggetti. Il libro è la conoscenza, il depositario di ogni crescita umana e intellettuale, l’oggetto magico così permeato di valori per cui si può ancora sentire pronunciare la frase “basta che leggano” in tutta serietà. Il libro è il BENE.

Gli assorbenti invece cosa sono? Sono un dispositivo comico, o alla peggio una di quelle realtà della vita su cui non vale la pena di soffermare la propria attenzione, perché connessi a delle funzioni fisiologiche troppo basse e corporali. E come tali non possono fare parti della discussione politica. Perché i temi della politica sono una faccenda seria, tutta gravitas e i veri temi sono altri.

Illustrazione di Eleonora Suri Bovo

Illustrazione di Eleonora Suri Bovo

Eppure l’igiene femminile è una questione politica, sociale e sanitaria. I “dispositivi sanitari femminili” sono oggetti la cui storia è legata a doppio filo con la possibilità di condurre un’esistenza attiva e produttiva fuori casa, avere un’istruzione o svolgere il proprio lavoro con dignità. E non è un processo compiuto né dato per assodato.

L’ultimo esempio è di ottobre 2015. Più o meno quattro anni fa la Fiat ha cambiato il colore della tuta degli operai dal blu al bianco, per una serie di ragioni che anche qui hanno a che fare col portato simbolico degli oggetti: il passato delle tute blu e il valore tutto futuro asettico e progresso delle tute bianche.

Peccato che le tute bianche, le lunghe ore di lavoro continuativo e le pause di 10 minuti per l’uso dei servizi igienici siano la ricetta del disastro per le donne alle prese col ciclo mestruale. Così l‘autunno scorso le operaie dello stabilimento di Melfi hanno portato avanti una raccolta di firme per chiedere di cambiare il colore della tuta, in modo da poter lavorare con maggiore serenità. La risposta dell’azienda sono state delle culotte da indossare sotto la tuta.

C’è poi il tema economico, che va così spesso a braccetto con quello della dignità. Uno degli argomenti preferiti dei detrattori della tampon tax è che il risparmio in termini economici non è poi così rilevante. E forse non lo è per chi ha un tenore di vita dignitoso e facile accesso a quasi tutti i beni e servizi di cui ha necessità, ma per tutte le altre donne? In un contesto di difficoltà economiche quanto fanno la differenza queste cifre irrilevanti, ad esempio nel caso di si trova a vivere per strada?

Il tema è emerso in nel Regno Unito durante la discussione sulla tampon tax. I ricoveri per senza tetto non sono sempre provvisti di assorbenti, in parte perché i servizi sono tarati sulle necessità degli uomini e in parte perché i materiali a disposizione derivano da donazioni private e quasi nessuno pensa a donare assorbenti. I consultori e le cliniche che si occupano di salute sessuale a largo spettro possono distribuire gratuitamente preservativi ma non avviene altrettanto con i prodotti di igiene femminile. Non solo, le donne che si trovano ad affrontare il proprio ciclo per strada non hanno spesso a disposizione dei bagni accessibili, aumentando in maniera rilevante la possibilità di sindrome da shock tossico.

È di marzo la notizia che nel Regno Unito la tassazione passerà dall’attuale 5% allo 0%, col riconoscimento dei dispositivi igienici come beni essenziali. E l’Italia? Attualmente nessuno stato dovrebbe poter rivedere in modo autonomo le tasse senza l’accordo dell’Unione Europea, ma il precedente del Regno Unito potrebbe avere conseguenze importanti. Nel frattempo, gli assorbenti rimangono un bene di lusso, meno rilevanti del pellet (10%) del basilico (4%) e apparentemente persino meno del tartufo bianco.


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