La Natura Patrigna di Twin Peaks

Twin Peaks è una serie televisiva creata da David Lynch e Mark Frost, trasmessa nei primissimi anni ’90. La serie si basa sulla vita degli abitanti della fittizia Twin Peaks, la cui quiete incantata viene turbata dall’omicidio della bionda homecoming queen Laura Palmer. Le indagini per scoprire chi ha assassinato Laura porteranno alla luce i vizietti, le perversioni grandi e piccine e i fantasmi dell’intera città, che così sopita forse non era mai stata. Il doppio citato dal titolo della serie suggerisce chiaramente un’ambivalenza di fondo all’atmosfera salubre e l’aria montana di questa cittadina del Pacific Northwest. Da incontaminata e idilliaca, Twin Peaks si trasforma rapidamente in un tripudio di rapaci occhiuti e spiritati, creature fantasmagoriche e inquietanti uscite dai boschi, spiriti panici e maligni che prendono possesso degli abitanti di Twin Peaks e fanno fare le loro le peggio cose. Peggio cose che vengono fatte alle donne, per lo più.

Le donne non se la passano bene nella sceneggiatura di Lynch & Frost. O sono pazze, o stronze in maniera indicibile perché capitane dell’industria del legno di Twin Peaks, o ricoprono il cliché dell’asiatica misteriosa ma-debole-e-conflittuale. O hanno tic ridicoli, turbe psichiche inspiegabili, comportamenti da macchietta. O sono madri assenti, narcotizzate e domate da mariti di stampo patriarcale fino al midollo. O, ed è il caso delle protagoniste più giovani della serie, sono adolescenti sessualmente attive, che vengono quindi martirizzate e brutalizzate perché se la sono cercata. Perché sono sexy quando ancora adolescenti, perché non sono figlie modello. Perché belle, precoci e quindi procaci.

Le scarpe di Audrey

Doppie vite

Sono passati 25 anni dalla morte fittizia del personaggio di Laura Palmer, che in un momento di delirio onirico della serie, annuncia al detective che svolge le indagini sulla sua morte: “Ci rivedremo fra 25 anni”. 25 anni dopo la morte della sua eroina martirizzata, Twin Peaks è ancora una serie di un impatto notevole. Quando per la prima volta ho divorato le due stagioni che la compongono, nel 2008, sono rimasta folgorata, e tutt’ora ciclicamente mi interrogo sul perché questa serie televisiva mi abbia così colpita.

Laura Palmer

Laura Palmer

La prima spiegazione che mi sono data è: sono terrorizzata da Twin Peaks. Terrorizzata in maniera atavica, profonda, e allo stesso tempo, sono innamorata di questa mia paura concretizzata in luoghi a me così familiari, ma confinata nel mio cofanetto DVD Twin Peaks Definitive Gold Box Edition. Credo ci sia un bias di fondo per le persone come me, nate e vissute in Trentino Alto Adige gran parte della loro vita. Il bias è questo: se incontrano una serie TV come Twin Peaks, dove gli alberi, le foreste e i ceppi di legno la fanno da padrone a pari dei personaggi umani, sono automaticamente fregati. Innamorati, e allo stesso tempo angosciati da suddetta serie. Di conseguenza, sul paesaggio folle e selvaggio di Twin Peaks devono meditarci per esorcizzare il terrore che potrebbe assalirli durante la prossima passeggiata nel bosco. Memore della paura dei boschi – così tremendamente familiari, appunto, se sei di Trento!  instillata a suo tempo anche da The Blair Witch Project, ho deciso questa volta di andare a fondo, e saperne il più possibile sulla mia ossessione per Twin Peaks, così da poter convivere più o meno serenamente con foreste, pini e creature maligne varie ed eventuali.

Quindi ripenso ad occhi freschi a qualche episodio. Che sia stata un’azione pianificata o involontaria, il tema dell’ambiente in Twin Peaks è forte e impossibile da ignorare. Twin Peaks è una serie pioniera di un’attenzione al paesaggio e al suo sfruttamento che contrasta con le serie che erano andate per la maggiore fino alla fine degli anni ’80. Show come Dallas (1978-91), Dynasty (1981-89), Knots Landing (1979-92) e Falcon Crest (1981-90) iniziano a declinare alla fine degli anni ’80 proprio in un periodo in cui l’espressione “greed is good” si trovava a cozzare con la crescente consapevolezza degli effetti disastrosi che una politica individualista e mirata al mero profitto provocava all’ambiente e alla società. Presentare i protagonisti  di queste serie come “furfanti” equivaleva ad ammettere che il loro sfruttamento delle risorse territoriali era altamente deprecabile. Allo stesso tempo però, queste serie televisive incoraggiavano gli spettatori a condividere indirettamente i trionfi economici di personaggi come J.R., Blake, Alexis ed altri, le cui transazioni in bestiame, petrolio, vigneti e proprietà immobiliari arricchivano i singoli, a svantaggio di un ambiente un tempo incontaminato.

A Twin Peaks, geograficamente localizzata nello Stato di Washington, nella regione del Pacific Northwest, è idea comune fra i magnati dell’industria del legname locale che here in Twin Peaks health and industry go hand in hand. L’espansione e dominazione delle frontiere del West, definito nel 1983 da Friederick Jackson Turner come un “processo fisico”, coincideva all’epoca con il processo psicologico di sviluppo di un’identità nordamericana collettiva. Disboscare foreste, attraversare deserti e impiantare allevamenti nelle praterie: secondo Turner, tutte queste imprese aiutarono a cementare il carattere dell’uomo nordamericano e le sue componenti, “incoraggiando la fiducia, l’ottimismo, l’indipendenza e la forza d’animo”. 

Welcome to Twin Peaks

Welcome to Twin Peaks

A Twin Peaks, ottimismo e forza d’animo lasciano il passo a corruzione e violenza. La natura è onnipresente, all’esterno e negli arredi delle abitazioni, anguste e soffocanti di pino e teste di cervo impagliate. Il progressivo appropriarsi di legname ed ettari di foreste da disboscare sembra risvegliare l’ira della natura, la quale si ribella, ed inizia a perseguitare gli abitanti della città. Sembra che in Twin Peaks i furfanti sfruttatori dell’ambiente abbiano la peggio, e in maniera molto democratica, la natura matrigna non risparmia nessuno. Ma realtà a passarsela davvero male a Twin Peaks sono soprattutto le donne. Mutilate, assassinate, violentate da padri e parenti, racchiuse in borse di plastica e gettate in acque gelide, esiliate, paralizzate, derise, picchiate e ridotte a feticcio della violenza feroce che, attenzione, non viene perpetuata da individui semplicemente abbietti. E no.

Mi rendo conto che la cosa che più inquietante di questa serie non è un paesaggio folle e violento in sé, ma l’idea che “gli spiriti maligni del bosco” prendano possesso dei personaggi maschili della serie, e che questo “possedimento demonico” sia la giustificazione della violenza inaudita e misogina che Twin Peaks trasuda. Come a dire: la natura una volta stuprata dall’uomo conquistatore, si rifà sul segmento demografico della città più “debole ed indifeso” o dai costumi sessualmente deprecabili: Laura Palmer la dava come il pane, e infatti guardala come è finita,  dead and wrapped in plastic.

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“She is dead, wrapped in plastic”

Dopo tanti anni mi trovo ancora in conflitto con la patina onirica ed esteticamente accattivante di questa serie. Fatico a condannare qualcosa che in fondo è sì un prodotto televisivo, ma dal mio punto di vista anche un fardello notevole per della violenza di genere. Il motivo per il quale comunque non smetto di apprezzarla è che credo che Lynch & Frost abbiano disseminato sufficiente ironia e indizi per far capire allo spettatore che le risposte ai segreti scabrosi di Twin Peaks sono sempre state lì, davanti agli occhi e alla portata d’orecchi di tutti, nelle frasi apparentemente sconclusionate ma profetiche proprio di una donna. La Signora del Ceppo, la lunatica del villaggio, che dialoga con un ceppo di legno e fra il grottesco e il comico, e sembra essere sempre stata l’unico personaggio della serie a capire qualcosa dei misteri di Twin Peaks.

Peccato che nessuno l’abbia mai presa sul serio.

La Signora del Ceppo

La Signora del Ceppo


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  1. FCP

    12 Marzo

    Ottimo twin peaks per il tema “alberi”: ne avete ricavato un pezzo a mio avviso veramente molto completo sull’analisi del paesaggio e della natura nella storia di Lynch e di Frost.

    Ma mettersi a fare le pulci per i personaggi femminili mi sembra futile. Credo che se la follia fosse toccata ai personaggi femminili anziché a quelli maschili ora ci troveremmo davanti ad un articolo in cui ci si lamenta del fatto che sia capitata a loro e non ai maschi.

    Suvvia, a volte fate articoli belli e seri e ci mettete dentro il femminismo quasi a caso.

  2. Paolo1984

    12 Marzo

    post molto interessante. Non ho visto Twin Peaks quindi non posso esprimermi nel merito, in generale dico che se certi personaggi e situazioni violente purtroppo esistono raccontarle è legittimo, non necessariamente maschilista (a volte il maschilismo è nella testa dello spettatore, non nell’opera).

  3. Paolo1984

    12 Marzo

    “in generale dico che se certi personaggi e situazioni violente purtroppo esistono raccontarle è legittimo, non necessariamente maschilista”

    raccontarle in una fiction, ovviamente. Gli articoli di giornale sono tutt’altro (vedi caso Borromeo dove il maschilismo c’è eccome)

  4. Martina

    12 Marzo

    @FCP: io penso che la disparità di trattamento fra i due mondi, maschile e femminile, che viene rappresentata dalla serie sia lampante, e non solo per la questione della violenza, ma anche dal punto di vista della costruzione dei personaggi femminili rispetto a quelli maschili.

  5. Paolo1984

    12 Marzo

    per me (sempre parlando in generale) l’importante è avere personaggi costruiti in maniera credibile, plausibile (cioè esistono possono esistere persone che agiscono così in certe situazioni, che hanno quel carattere?) e coerente col tipo di storia narrata

  6. skywalker

    12 Marzo

    Io twin peaks lo guardai che ero piskella. Ricordo che lo mandavano in prima serata, in giorni infrasettimanali, su Canale 5 ed Ezio Greggio nella coda di Striscia lo presentava con a dosso un cartello di twin peaks. Io già dalla presentazione ero nel panico e non solo per lo stile di Lynch ma anche per la colonna sonora di Badalamenti che sottolineava molto la sensazione di claustrofobia, di “presagio” che Lynch è bravissimo a costruire.

    Ora non ricordo esattamente tutta la serie (ero piskella, devo riguardarla se riesco a non farmi vincere dal terrore) ma forse la filmografia di Lynch è l’unica nell’essere caratterizzata da personaggi femminili di spessore (Mulholland Drive, Inland Empire, Lost Highways annovera protagoniste!) il che non significa siano delle macchiette perché Lynch, fissato con il simbolismo la psicanalisi e robetta leggera, usa i suoi personaggi per scavare dentro le paturnie e le fisime dell’essere umano. Solitamente è il genere maschile ad aver l’attestato di universalità, a cui ogni spettatore – uomo o donna che sia – si riconosce, mentre Lynch è l’unico caso dove lo spettatore si riconosce nella protagonista.
    Quindi, proprio perché stiamo parlando di Lynch, ogni eventuale accusa di sessismo o misoginia è proprio tirata per i capelli.

    C’è da aggiungere che Twin Peaks esce nei primi anni ’90. Non ci dimentichiamo che fino ad allora la maggior parte dei film horror, thriller etc avevano come protagonisti uomini, i pazzi e gli assassini erano uomini. Era anche ora pareggiare i conti. E inoltre, considerato che Twin Peaks (Lars Von Trier intanto ringrazia per Dogville) è ambientato soprattutto negli interni domestici il cui regno è gestito proprio da donne.
    Non penso che Lynch fosse scemo, naturalmente questa volontà di far venir fuori il maligno da personaggi femminili è ricercato. L’avesse ambientato a Miami avrebbe avuto grosse difficoltà a concentrare tutta l’azione negli interni domestici.

    @Paolo: ti prego non puoi tirare in ballo, ogni volta, il discorso sulla legittimità! Muore un neurone ogni volta che lo tiri fuori!

  7. veronica VITUZZI

    12 Marzo

    Non sono d’accordo sull’articolo. Personalmente trovo David Lynch un regista molto femminile, che racconta la difficoltà di esser donne (vedi soprattutto Inland Empire), donne che parlano, che amano il sesso, che si incazzano. Il problema è credo il mondo mostruoso intorno a queste donne, che tenta di stritolarle, perfettamente raccontato nei modi folli di Lynch. C’è una scena in Inland Empire in cui ho proprio voluto bene al regista, quella in cui il coro di ragazze cerca di consolare l’amica dal cuore spezzato. Una scena davvero realistica in un film pazzoide e meraviglioso.

  8. Ilaria

    13 Marzo

    Anch’io ho il cofanetto gold edition e amo questa serie, la riguardo spesso. Anch’io non condivido l'”accusa” di sessismo per questa serie. Lynch mette semplicemente in scena la vita in un tipico paesino di provincia nordamericano e semmai concordo con Veronica sul fatto che nel rappresentarla evidenzia anche i modi in cui le donne si trovano a essere sottomesse o a vivere soprusi ancora oggi in certe realtà e lo fa con grande fascino e complessità.

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