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La journée de la jupe, iniziativa francese contro la discriminazione di genere

di Silvia Mariossi

La journée de la jupe. A Nantes, la seconda edizione della giornata contro la discriminazione di genere. Sosteniamo le ragazze che non portano la gonna per timore degli insulti.

Il 16 maggio scorso, si è tenuta a Nantes la seconda edizione de La journée de la jupe, un’operazione anti-sessista organizzata in 27 licei della regione francese per riflettere sulle tematiche della discriminazione di genere.
I ragazzi che hanno deciso di aderire all’iniziativa sono andati, quel giorno, a lezione in gonna, con la volontà di sostenere le loro compagne vittime di un pregiudizio d’altri tempi.
Può risultare pedante il luogo comune secondo il quale le donne che portano la gonna siano bersaglio spesso e volentieri di sguardi lascivi, fischi e apprezzamenti non desiderati, ma forse non così tanto se, quando si tenne la prima edizione di La journée de la jupe (21 marzo 2006), la motivazione portante della movimentazione era iscritta in questa dichiarazione pour soutenir les jeunes filles qui ne portent pas la jupe par crainte de remarques déplacées de la part des garçons.

journée de la jupe

Alcuni partecipanti. © Franck Dubray/Ouest-France/PhotoPQR/MaxPPP

Ma cominciamo da quando tutto ciò ha avuto inizio.
Nel 2006 una classe del liceo Clemanceau (Nantes) seguì un laboratorio sulla sessualità, dove gli studenti si confrontarono sul pregiudizio “gonna uguale ragazza facile”, e furono le stesse ragazze ad ammettere quanto fosse impensabile per loro andare a scuola con la gonna. I ragazzi increduli risposero che “C’est beau une fille en jupe. C’est vraiment bête de leur faire des remarques”, le ragazze in gonna sono belle ed è crudele rivolgere loro delle critiche; ma in effetti il linguaggio degli stereotipi è crudo e mutuato dal gergo pornografico, e maggiormente offensivo quando le stesse ragazze si apostrofano “prostituta” l’una con l’altra per scherzo e con troppa leggerezza.
È sembrato opportuno un gesto forte e provocatorio di fronte ad un disagio così grande, e questi ragazzi hanno pensato bene di adottare il simbolo martoriato della gonna, dalla quale peraltro tanto abbiamo fatto per emanciparci.

Gli studi di genere ragionano sull’idea che l’identità sessuale non corrisponda alla sessualità biologica; ossia la diversità morfologica non conta laddove la differenza tra maschile e femminile è esclusivamente culturale: gli uomini sono uomini perché sono stati educati da uomini e le donne sono tali perché sono state educate da donne.
L’identità, nella tradizione patriarcale, coincide con il sesso in senso biologico, dove il destino di uomini e donne (come direbbe Simone de Beauvoir) è determinato da un corollario di etichette che stabilisce un ruolo predefinito.

Cosa ci si aspetta allora da un ragazzo che per un giorno indossa la gonna? Probabilmente di vergognarsi, di sentirsi ridicolo e giudicato: è un ragionamento all’altezza del sessismo in fondo, che lega le donne a un codice di abbigliamento. Forse solo un ribaltamento dei ruoli di genere rende immediata la percezione della discriminazione sessuale.

Naturalmente non si sono fatte attendere le proteste. In particolare, alla vigilia della manifestazione di venerdì 16 un centinaio di rappresentanti di Manif pour tous, che rappresenta l’opposizione ai matrimoni omosessuali e alle teorie di genere, hanno bivaccato di fronte al liceo Clemenceau richiedendo l’annullamento dell’iniziativa. Le loro argomentazioni, scandite dagli slogan “Non au gender” e “Le gender c’est pas mon genre”, facevano riferimento al fatto che non è compito della scuola quello d’intervenire su questioni così personali, e che la scelta di far “travestire” i ragazzi era di cattivo gusto.
Verso l’ora di pranzo gli studenti e alcuni manifestanti del Centre gay et lesbien di Nantes rispondevano prontamente al portavoce di Manif pour tous, Ludovine de la Rochère, alla presenza preventiva della polizia.

I ragazzi possono portare una gonna, un kilt, o dei pantaloni sotto, se vogliono. Lo scopo non è di negare la loro identità sessuale, ma di riflettere sulla discriminazione di genere. Partiamo dal presupposto che il sessismo è molto radicato nel nostro liceo e non vogliamo dire, con la nostra azione, che le ragazze debbano indossare la gonna a tutti i costi, ma abbattere un simbolo del codice sessista patriarcale
– Arthur Moiné, studente del liceo Clemanceau

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Alcuni partecipanti. © Franck Dubray/Ouest-France/PhotoPQR/MaxPPP

Quando mi trovai a riflettere su questa notizia, inizialmente non riuscivo a spiegarmi questa caccia alle streghe del tutto anacronistica: ricordo di non essere mai stata mortificata per avere indossato la gonna al liceo, peraltro uno dei più bigotti della mia città, che casomai invitava le ragazze a non scoprire le gambe più di una certa altezza per una sola questione di decenza. Poi ho pensato che di fischi e di proposte indecenti nella mia vita ne ho ricevuti parecchi da passanti annoiati, automobilisti goliardici, vecchi su di giri, adolescenti esaltati, uomini di poca classe, o semplicemente amici in vena di battutacce; ma ciò non mi ha mai impedito di fare quello che volevo con le mie gambe.
Mi sono sentita per qualche minuto estremamente libera e disinibita, mentre il mio coinquilino francese cercava di spiegarmi che tutto ciò al Nord della Francia non è nemmeno concepibile.
Poi l’amara rivelazione. Non potendo accettare che in Occidente ci siano posti in cui scoprire le gambe costituisce un problema di discriminazione di genere, ho realizzato che forse non è tanto un fatto di tolleranza, quanto un grado di percezione della molestia verbale.

Forse il punto è che queste ragazze francesi non accettano i fischi e le battute a sfondo sessuale, perché è più matura in loro la consapevolezza che anche il commento più innocente è, in fin dei conti, sbagliato da principio. Abbiamo accettato che una donna in minigonna non merita lo stupro, ma molte transigono sul fatto che un commento lussurioso possa tutto sommato andare anche bene, mentre la sostanza cambia di poco quando dietro ad ognuna di queste frasi ci sta un pensiero che è di tipo sessuale e dunque le intenzioni non mancano.
La domanda a questo punto è: abbiamo forse perso la nostra capacità di indignarci? E dove si situa la soglia oltre la quale non è più possibile accettare un complimento?
Se è vero che portare la gonna, indossare un bel vestito, valorizzare e scoprire alcune parti del nostro corpo è un fatto di vanità, altrettanto vero è che una lusinga garbata fa estremamente piacere mentre un commento triviale altro non è che una mortificazione. Ma allora si tratta soltanto di registro linguistico e di buone maniere?
Non ho saputo darmi una risposta che sia coerente sempre; le nostre colleghe francesi mi hanno davvero messo in crisi, ma, se non altro, ora quando sento fischiare penso a loro, che hanno di fatto attuato uno sciopero contro questa preistorica usanza di ululare al passaggio di una femmina.
Non siamo cani, non ci voltiamo ai fischi.


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  1. Paolo1984

    17 Giugno

    è una bella iniziativa. Francamente dubito che la differenza tra maschile e femminile sia solo natura o solo cultura (noi siamo tutti intreccio di natura, cultura e storia) certo si può vivere tale differenza (parlo dell’essere donna e l’essere uomo, la mascolinità e la femminilità qualunque significato abbiano per noi) in tanti modi più o meno diffusi statisticamente ma sempre legittimi e autentici

  2. Paolo1984

    17 Giugno

    quanto alla differenza tra complimento e molestia verbale: la questione è soggettiva, e cambia molto a seconda di chi dice cosa a chi e in che contesto.
    Un conto è il fidanzato/amante/partner eccetera che esprime la sua ammirazione per la tua bellezza, un altro è uno sconosciuto che ti urla dietro mentre vai per i fatti tuoi. Dopodichè ognuno in base alla sua sensibilità reagisce come vuole.

  3. stefa

    17 Giugno

    Il fatto di dover accettare per forza gli sguardi allupati e i commenti volgari mi manda in bestia.
    Da quando ho iniziato a rispondere e a reagire a questo genere di avance mi sono spesso ritrovata davanti a facce allibite o persino arrabbiate! Come se fosse un loro diritto e noi dovremmo anche ringraziare. Gonna o non gonna dovremmo Pretendere più rispetto.

  4. MICOL

    17 Giugno

    Mi fa molto piacere quest’iniziativa, è bello vedere dei giovani esseri umani di sesso maschile impegnarsi in manifestazioni femministe.

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