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Big Little Lies, ovvero la superficialità della v...

Big Little Lies, ovvero la superficialità della violenza

Attenzione: l’articolo contiene spoiler per la prima stagione di Big Little Lies


di Beatrice Carvisiglia

Sentimentale e viscerale, Big Little Lies, la miniserie ispirata all’omonimo libro di Liane Moriarty, uscita nel 2017 per HBO, è un complicato montaggio di elementi, scene tagliate a metà, situazioni viste di scorcio. Al suo centro ci sono le donne e le ombre dietro le loro vite apparentemente perfette.

In una piccola città con vista sull’Oceano, entro costose ville a strapiombo sulla costa californiana, va in scena la vita di donne diverse eppure accumunate da sottili fili invisibili. Vecchi rancori, amori mai veramente dimenticati, passioni senza controllo, violenze psicologiche e fisiche: tutto è ammantato da una patina di glamour e di impercettibile superficialità. La telecamera scivola sui volti di queste donne e delle loro famiglie ricostruendo una psicologia, senza indagare in maniera morbosa; con fare leggero, il pubblico è trascinato tra gli inferi del quotidiano, fino al crudele disvelamento del Vero dietro la facciata di questa upper class protagonista.

Funge da cornice il classico delitto dalla matrice oscura, di cui apprendiamo tramite flashforward: si occupa dell’indagine è la determinata detective Adrienne Quinlan, interpretata da Merrin Dungey. Davanti al microfono di una questura, l’investigatrice ripercorre i piccoli screzi, gli strappi, le sottili provocazioni e i diverbi appena celati della piccola città di Monterey.

Jane è l’ultima arrivata in città: porta con sé un bagaglio di piccoli grandi segreti e suo figlio Ziggy, nato da una violenza. Come un personaggio di James Joyce, Jane sembra preda di una vera e propria paralisi: il trasloco a Monterey rappresenta una possibilità di riscatto, eppure la giovane sembra tormentata dai suoi fantasmi, bloccata nel ricordo asfissiante di una notte terribile. I grandi occhi di Shailene Woodley, che la interpreta, velano l’ansia e l’inquietudine con maestria, il respiro affannoso della giovane contabile e quasi un leitmotiv delle oscure scene di flashback. In queste vediamo una più giovane ed elegante Jane, fasciata in un vestito blu elettrico, che corre a perdifiato su una spiaggia alle prime ore dell’alba, l’immagine delle orme che non lasciano traccia.

Jane (Shailene Woodley)

Jane e meno signorile, e dimessa, ha un aspetto provato e dei modi pragmatici; eppure viene presa a cuore dalla leader delle madri della scuola, Madeleine, cui presta il volto Reese Whiterspoon.

Madeleine è un personaggio apparentemente granitico, duro: come molte donne e madri nasconde in realtà un baratro di insicurezze: il terrore atroce che le figlie le vengano portate via, la paura del distacco e di non essere abbastanza. Persiste in lei l’antica e strisciante paura dell’abbandono, dopo lo strappo, mai ricucitosi, della separazione dall’ex marito. Ora che lui è sposato con Bonnie – dolce, carina, hippie, amatissima dalla figlia di Madeleine – questo strappo sembra aggravarsi e cominciare a mostrare tagli sanguinanti.

Madeleine è anche una donna innegabilmente contraddittoria, che stenta a conciliare il suo perfezionismo e la sua mania di controllo con l’incontrovertibile tendenza a commettere errori. Questa propensione si manifesta in particolar modo nei confronti della figlia Abigail e del suo compagno, Ed.

Sin dai primi episodi Madeleine e la figlia appaiono inevitabilmente in contrasto: la ragazza, appena quattordicenne, subisce l’influsso magnetico di Bonnie e sogna una vita da dedicare allo yoga e al veganesimo. Madeleine vorrebbe invece che riportasse l’attenzione agli studi e alla futura carriera.  Ed rappresenta il suo porto sicuro: è dolce, rassicurante, comprensivo, eppure Madeleine sembra vittima di una sorta di meccanismo di autosabotazione, che la porta quasi a rovinare tutto ciò che ha costruito con lui.

Madeleine (Reese Whiterspoon)

Le è accanto la migliore amica Celeste, una Nicole Kidman dalla bellezza mai così algida e composta, tutta racchiusa nei suoi lineamenti alteri e nelle movenze raffinate. Celeste e suo marito Perry sono una coppia all’apparenza esemplare: insieme sono come due bionde e inarrivabili divinità per il vicinato di Monterey. Tuttavia, la loro unione pubblicamente perfetta e venata da elementi morbosi.

Celeste è un’ex avvocatessa che ha rinunciato alla carriera in seguito alla nascita dei suoi gemelli. La motivazione principale però, si scopre nel corso degli episodi, è la prevaricazione soffocante di suo marito Perry, che la costringe a una costante sottomissione fisica e psicologica. Nel rapporto malato tra i due, il sesso rappresenta un momento quasi catartico. Durante l’amplesso la coppia sembra sfogare la propria rabbia: Perry per aver ceduto di nuovo alla violenza, Celeste in una sorta di mix letale di odio e adorazione.

Celeste (Nicole Kidman)

L’inchiesta sull’omicidio parte da un episodio di bullismo che coinvolge Ziggy, il bambino di Jane, e Amabelle, figlia di Renata, una donna in carriera dai modi bruschi, interpretata magistralmente da Laura Dern. L’avvenimento provoca una feroce spaccatura tra le mamme della scuola, da subito divise in due agguerrite fazioni: una capitanata da Madeleine, pronta a tutto pur di difendere Jane, l’altra da Renata, convinta della colpevolezza di Ziggy.

Big Little Lies è come una matrioska: ogni sequenza permette di svelare una situazione più piccola rinchiusa in quella più grande, grattando la superficie degli eventi in maniera quasi distratta. Dal piccolo episodio di bullismo alla violenza domestica, il tema della sopraffazione maschile viene portato avanti come un sottile filo rosso che collega tutti i sette episodi, tra le immagini patinate di bei vestiti, tacchi, bicchieri di vino sorseggiati guardando l’Oceano.

Proprio l’Oceano e il suo rabbioso infrangersi contro gli scogli rappresenta forse le spinte irrazionali delle protagoniste, il rancore celato dietro le piccole faide di una scuola pubblica, le frustrazioni covate per anni. Il finale tragico si prepara attraverso una serie di scoppi emotivi.

Madeleine vomita – sia in senso figurato che letterale – le sue verità e la sua fallibilità di essere umano in un acceso confronto con la figlia. Jane attacca fisicamente Renata ferendola ad un occhio, esasperata dal tarlo della possibile cattiveria del figlio. Celeste in posizione fetale si ripara dagli oggetti scagliati dal marito, per poi prendere la macchina e guidare dritto verso la sua confessione, in un incontro colmo di pathos con la psicoterapeuta.

Renata (Laura Dern)

Paradossalmente proprio durante un quiz in maschera, con dei costumi addosso, i nostri personaggi calano finalmente le loro maschere, quelle reali e indossate per anni. Persino Bonnie (Zoë Kravitz), un personaggio fino alla fine presentato come mite e accondiscendente, sfodera gli artigli e mostra un’inaspettata parte di sé.

Sulle nostre protagoniste incombe l’Oceano con la sua profondità, a rappresentare il baratro del non detto e gli abissi in cui può sprofondare il cuore umano. Un percorso attraverso la riconquista dell’empatia e, più di tutto, un messaggio di possibilità concreta: abbattere i mostri, quelli interiori e quelli esteriori, non e poi così assurdo, se si hanno accanto altre donne, magnifiche alleate e guerriere, con cui combattere.

Big Little Lies è una delle serie meglio riuscite del 2017 perché ha il pregio della solidità: i personaggi sono caratterizzati minuziosamente e riescono nell’impresa di sembrare autentici.  A sostenere tutto l’impianto narrativo c’è una scrittura impeccabile e una colonna sonora eclettica, tra ballad anni ’70 e brani hip hop. L’intreccio dal sapore poliziesco apporta il giusto pepe allo svolgersi degli eventi, infine, è una serie che invita concretamente le donne vittime di abusi ad alzarsi in piedi e reclamare la propria dignità di esseri umani. Così fanno le nostre protagoniste in uno splendido finale, piegate da una vita di violenze e tuttavia ancora capaci di godersi il sole sul viso in una bellissima giornata sulla spiaggia.

Bonnie (Zoë Kravitz)


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