The Death and Life of Marsha P. Johnson è un documentario diretto da David France, uscito lo scorso 6 ottobre su Netflix. Ad una prima occhiata, può sembrare un utile e benvenuto tassello nel mosaico di narrazioni che stanno riportando alla luce il fondamentale ruolo di Marsha P. Johnson negli Stonewall Riots e nella storia del movimento LGBTQ+.
Il film è però stato oggetto di forti critiche, il cui comun denominatore è un quesito che dovrebbe comparire a caratteri cubitali sui muri dei nostri municipi, chiese, scuole, carceri e biblioteche: “Chi ha il diritto e il potere di raccontare le storie delle persone appartenenti a comunità marginalizzate?”
Il documentario include un video girato nel 1973 a New York, durante il Christopher Street Liberation Rally. Sylvia Rivera, rivolgendosi a un pubblico prevalentemente bianco e cisgender che manifesta il suo disappunto nel vederla sul palco, con un microfono in mano, elenca con veemenza tutte le forme di violenza di cui è stata vittima e pretende ascolto.
Janet Mock ha scritto di quel filmato parlando del senso di conforto ch’esso le ha offerto:
Vedere Rivera su quel palco mi ha dimostrato che noi – persone trans, di colore, povere – siamo sempre esistite. Abbiamo sempre alzato la voce. Abbiamo sempre combattuto contro sistemi che sembrano strutturati per impedirci di sopravvivere.
Nel suo editoriale per Allure, Mock spiega che quel video non è sempre stato accessibile, ma è bensì riemerso dopo tanti anni grazie all’instancabile lavoro di ricerca di una una donna trans di colore, Reina Gossett.
In occasione dell’uscita di The Death and Life of Marsha P. Johnson, Gossett ha pubblicato un post su Instagram in cui ha spiegato che France è stato ispirato a incentrare il suo film su Johnson dalla sua una domanda di partecipazione a un bando di finanziamento, attraverso il quale l’attivista sperava di poter radunare i mezzi necessari a raccontarne la storia.
Il film uscito su Netflix, inoltre, fa largo uso di materiale raccolto da Gossett a spese proprie e spesso mettendo a rischio la propria incolumità. I video da lei radunati erano accessibili sulla sua pagina Vimeo e su Tumblr, poiché il suo dichiarato intento era quello di renderli disponibili ad un pubblico il più possibile vasto e trasversale.
Nel film diretto da France l’archivio di Gossett non viene però mai menzionato.
A seguito delle critiche che hanno oscurato il lancio del film, France si è giustificato dicendo di non aver appreso nulla dal materiale dedicato a Sylvia Rivera e Marsha P. Johnson che era stato condiviso da Gossett. Ha poi spiegato di aver proceduto regolarmente alla digitalizzazione e alla richiesta di attribuzione di copyright dei filmati d’epoca.
La conseguenza più lampante di questo gesto è stata una sorta di violenta espropriazione, in cui Gossett ha perso la possibilità di condividere gratuitamente il materiale da lei stessa raccolto e il resto del mondo necessita ora di un abbonamento a Netflix per poterlo guardare senza infrangere la legge.
Come ha osservato Janet Mock, è ironico che un regista bianco e cisgender dica di non aver appreso nulla dal discorso di Sylvia Rivera al Christopher Street Liberation Rally.
Il discorso stesso è una denuncia della brutalità con cui le componenti bianche, cis e di classe media del movimento LGBTQ+ hanno sistematicamente tentato di cancellare i fondamentali contributi delle persone trans, gender non-conforming e di colore, spesso fino a espellerle e rendendo così le loro oppressioni meno salienti o degne di essere contrastate.
Reina Gossett ha raccontato che, mentre The Death and Life of Marsha P. Johnson compariva nell’homepage di Netflix, le mancavano persino i fondi per pagare il proprio affitto.
In un periodo in cui la visibilità trans continua ad aumentare, dobbiamo dunque essere vigili e privi di ingenuità. Dobbiamo pretendere che le storie delle persone che hanno vissuto ai margini, contribuendo al contempo in maniera immensa alle lotte di liberazione, siano raccontate da chi le può comprendere completamente, anziché accettare una versione diluita prodotta dall’ennesima persona bianca e cisgender. Se abbiamo delle risorse economiche da investire in prodotti culturali, diamo allora supporto a chi spesso viene trascurato dall’establishment.
Anohni ha scritto che persino il titolo del lungometraggio di France è offensivo, in quanto pone la morte di Johnson prima della sua vita gloriosa.
Per celebrarla a dovere, aspettiamo dunque l’uscita di Happy Birthday, Marsha!, il film diretto da Reina Gossett e Sasha Wortzel, che uscirà nel 2018 e non manchiamo di contribuire il più possibile a finanziare i progetti delle donne trans di colore che chiedono supporto.
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