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“L’Arte della Gioia” e l’eroina letter...

“L’Arte della Gioia” e l’eroina letteraria italiana di cui avevamo bisogno

978880618946gra1Io e L’arte della gioia ci siamo trovate per caso. Gironzolavo per la mia libreria di fiducia cercando autrici italiane da scoprire, quando ecco che mi presenta davanti questo libro dalla copertina bianca, lievemente polverosa, scritto da tale Goliarda Sapienza. La quarta di copertina annunciava una storia che sembrava un intricato drammone novecentesco, che però aveva come protagonista una “carusa tosta”. Incuriosita, comprai il libro.

È importante sapere che questo libro fu scritto nel decennio del 1967-1977, ma per via di una sequela di rifiuti delle principali case editrici riuscì finalmente ad essere pubblicato solo nel 1998 grazie a Stampa Alternativa (Einaudi lo ripubblicò nel 2008). Questo lo qualificava dall’inizio come un romanzo in anticipo sui tempi, specialmente nel panorama italiano. L’autrice stessa, e la storia della sua infanzia, rappresentavano in sé un’eccezione.

I genitori di Goliarda Sapienza erano entrambi attivisti politici: la madre, Maria Giudice, fu una nota giornalista e antifascista mentre il padre, Giuseppe Sapienza, fu avvocato, sindacalista e membro dell’Assemblea Costituente. Goliarda crebbe dunque in un clima estremamente liberale, assieme al fratello Ivanoe. Dal momento che il padre non sopportava che indossasse la divisa fascista per andare a scuola, studiò in casa.

La piccola Goliarda venne cresciuta libera di farsi le sue idee e le sue opinioni in un periodo in cui idee e opinioni personali era considerate pericolose. Non stupisce sapere, quindi, che visse sempre da attivista (collaborò con i partigiani), cercando di esprimere se stessa, prima nel teatro e nel cinema (aveva frequentato l’Accademia di Arte drammatica), poi nella scrittura. Finì perfino in carcere, per furto di gioielli in casa di amiche – furto che, a quanto pare, le sarebbe dovuto servire per finanziare la scrittura de L’Arte della Gioia.

Sfortunatamente non riuscì mai a vedere la sua opera maestra pubblicata (morì a Gaeta nel 1996) e tuttora moltissimi dei suoi scritti sono ancora inediti. Dopo la pubblicazione, tuttavia, il suo grande romanzo ha acquisito popolarità e successo anno dopo anno, e come spesso succede, fu apprezzato prima all’estero (in Francia e Germania) e poi in casa.

GoliardaSapienza

Goliarda Sapienza – illustrazione di Claudia Maestrini

L’arte della gioia

Al di là delle pillole autobiografiche sparse lungo il racconto (era dopotutto il romanzo della vita di Sapienza), la storia gira attorno a Modesta, nata nel lontano primo gennaio del 1900, che seguiamo fino alla vecchiaia.

Lo stile della narrazione è franco e diretto, uno stile che non lascia spazio a pudore o immoralità e può provocare un certo senso di smarrimento. Noi, di Modesta, sappiamo tutto. Fino alla più remota e piccola sensazione, fino alla più segreta passione e paura. Attorno a Modesta un arcobaleno di personaggi diversi prendono vita, tutti fortemente ancorati alla loro madre patria, la loro isola, la Sicilia.

Non vi svelerò le avventure rocambolesche della nostra protagonista: meritano di essere lette per venir gustate per bene. Però, se c’è una cosa che voglio anticiparvi, è questa: questa è una storia che non era mai stata raccontata in Italia. La storia di una donna completamente fuori dal comune, che visse il primo Novecento come se fossero gli anni Settanta, e gli anni Settanta come se fossero i Duemila.

Leggendo pensavo che mi trovavo di fronte alla saga epica che mi sarebbe piaciuto studiare a scuola al posto dei Promessi Sposi. Perché continuare a buttare sangue e sudore su una storia dai valori ammuffiti come quella del nostro Manzoni? Basta, basta, ne abbiamo avuto più che abbastanza di Renzo, Lucia, Don Abbondio, Don Rodrigo e quel matrimonio che non s’ha da fare.

Nella lunga vita di Modesta troviamo tutto quello di cui c’è bisogno per farne un buon romanzo di formazione. L’ingrediente principale: un’eroina imperfetta di quelle di cui è impossibile non innamorarsi. Pur non trovandosi magari d’accordo con tutte le sue azioni e scelte (e ne fa, di scelte di dubbia moralità, la nostra). Un’eroina con una forza di volontà imperante, una forza di volontà che non si ferma davanti a niente e nessuno, una forza di volontà che barcolla ma non molla, mai. Descritta nella terza di copertina come un intelligenza “machiavellica”, quando impariamo a conoscere Modesta, ci affidiamo completamente a lei, fiduciosi che si (e ci) tirerà fuori da guai in cui si è cacciata anche stavolta.

Una parte importantissima del viaggio di formazione di Modesta è la riscoperta del proprio corpo. Il libro si apre con una scena in cui Modesta scopre, un po’ per caso, la masturbazione. E come si dice, chi ben comincia…

Come spesso accade, alla gioia iniziale si sostituiscono piano piano le convenzioni sociali e morali che aggrediscono e silenziano quel piacere infantile. Ma Modesta non si fa fermare neanche da quelle. Il primo, dei molti atti di ribellione che farà nel corso della sua lunga esistenza è un atto di riappropriazione, del proprio corpo, del proprio potere di autodeterminazione.

Avevo ritrovato il mio corpo. […] Allora il dolore, l’umiliazione, la paura non erano, come dicevano, una fonte di purificazione e beatitudine. Erano ladri viscidi che, di notte, approfittando del sonno, scivolavano al capezzale per rubarti la gioia di essere viva. Quelle donne [le suore] non facevano nessun rumore quando ti passavano accanto o entravano e uscivano dalle loro celle: non avevano corpo. Non volevo diventare trasparente come loro. E ora che avevo ritrovato l’intensità del mio piacere, mai più mi sarei abbandonata alla rinuncia e all’umiliazione che loro tanto predicavano.

Modesta ama, più e più volte. Si innamora in continuazione, di uomini e donne diversi, senza farsi troppi problemi. Per lei, l’amore non è mai unico o eterno, mai limitato a una o ad un solo genere di persona. Ed è questo che fa di lei un’eroina romantica alternativa: in barba la concezione di amore disneiana, che predica un unico grande amore per tutta la vita. La vita è lunga, sembrerebbe dire Modesta, come potete pretendere una cosa tanto assurda?

La vita è lunga. Lunga quanto la Storia con la S maiuscola. Accompagnando Modesta attraverso la sua, di vita, non possiamo far a meno di ripercorrere tutti i principali fatti storici del Novecento e il panorama politico italiano di quegli anni.

Romanzo di formazione, romanzo romantico, romanzo storico, quindi. Che altro? Potremmo azzardare romanzo filosofico. Una filosofia immediata, personale, popolare, viva. Una filosofia che è un elogio all’invecchiare e alla vecchiaia, considerata da Modesta come la fase di maggior libertà fra tutte.

Pensa, Modesta, forse invecchiare diversamente non è che un ulteriore atto di rivoluzione.
[…]
Stupita, scopre il significato dell’arte che il suo corpo s’è conquistato in quel lungo, breve tragitto dei suoi cinquant’anni. È come una seconda giovinezza con in più la coscienza precisa d’essere giovani, coscienza del come godere, toccare, guardare. Cinquant’anni, età d’oro di scoperte, cinquant’anni, età felice ingiustamente calunniata dall’anagrafe e dai poeti.

Insomma, ce ne sarebbero di cose da dire, ce ne sarebbero di riflessioni da fare: materiale ce n’è, a bizzeffe. Ma non posso mica dirvi tutto io. E poi, leggere un libro che fa pensare è il miglior regalo che potreste fare a voi stesse. Perché Modesta è proprio questo, per noi, un regalo. Un regalo arrivatoci in ritardo e in sordina, ma è qui. Prendete e leggetene tutti. Vi prometto che, nonostante tutta la carne al fuoco, non è un drammone. Sorprenderete voi stesse e riderete per fino fra le lacrime. Ve l’ho detto, non c’è niente che la nostra Modesta non possa fare.


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