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Tori Amos e il potere delle mutande arancioni

Tori Amos e il potere delle mutande arancioni

di Cristina Bignante

Fino a pochi anni fa, se qualcuno mi avesse detto che un giorno avrei visto Tori Amos suonare dal vivo The Power of Orange Knickers e mi sarebbe piaciuto, gli sarei scoppiata a ridere in faccia. #einvece.

Ma cominciamo dall’inizio, ossia da qui:

little earthquakes
Vedete la ragazza dai capelli rossi nella scatola? Se il panorama musicale degli anni ’90 fosse una saga fantasy, il suo nome sarebbe Tori Amos, Mother of Pianos, Breaker of Boxes, e la sua storia quella di una condottiera che guida una rivoluzione femminile, restituendo la voce a ogni donna oppressa che incontra lungo il suo cammino.
Nella realtà, Tori è semplicemente una ragazza che un giorno si è stufata di lasciare che fossero gli altri a dirle cosa fare, chi essere, cosa cantare. Una ragazza che ha trovato la propria voce e vi si è aggrappata con le unghie, giurando che non l’avrebbe mai lasciata andare. Nemmeno quando questo significava rievocare il trauma del proprio stupro a ogni concerto, offrire i propri ex in sacrificio alla dea del vulcano o addentrarsi nell’antro gelido e oscuro che tre aborti consecutivi le avevano scavato dentro.
I panni sporchi si lavano in casa solo finché qualcuno non ha il coraggio di stendere fuori le lenzuola macchiate di sangue, e Tori Amos, protetta solo dallo scudo del suo pianoforte, ha sempre fronteggiato i suoi demoni e sfoggiato le proprie ferite di guerra davanti agli occhi di tutti. Le sue canzoni, che lei chiama “girls”, sono state d’ispirazione e hanno spianato la strada a generazioni di ragazze che proprio non ne vogliono sapere di starsene buone e zitte.

Tuttavia, come molti romanzi fantasy (un genere che, lo confesso, non amo particolarmente), la sua carriera contiene certi capitoli che verrebbe voglia di saltare a pie’ pari. Il primo di questi si intitola The Beekeeper, ed esce nel 2005.
La ragazza nel frattempo ha messo su famiglia: ha una bambina, un marito che è anche il suo ingegnere del suono e uno studio di registrazione personale. Tutto sembra andare meraviglia, e invece qualcosa si è spezzato. Innanzitutto la sua voce, che ha perduto la sua potenza.
L’album si apre con una confessione: a volte Tori vorrebbe essere come una donna in un quadro, immobile e inviolabile, al sicuro nella sua cornice. E l’impressione è proprio che la sua voce provenga da un luogo lontano, una scatola in cui si è rinchiusa e dalla quale non vuole o non riesce più a uscire.
A questo periodo infelice risale The Power of Orange Knickers, un duetto con Damien Rice, che in quella determinata epoca storica è il ragazzo-vulnerabile-e-scarmigliato© che ogni fanciulla vorrebbe a cantare sotto la propria finestra in un giorno di pioggia. E Tori gli fa fare i coretti di sottofondo in questa nenia insulsa dove blatera senza un filo logico apparente di biancheria intima e baci segreti. Uno spreco imperdonabile.

Tori resta nascosta ancora per diversi anni, mentre fuori la folla osserva il suo ritratto farsi irriconoscibile. Con la voce se ne vanno l’ispirazione, la tecnica pianistica, il peso, i capelli e, grazie ad alcuni interventi di chirurgia estetica andati per il verso sbagliato, anche i connotati.
Però Tori non smette di suonare e di incontrare i suoi fan prima di ogni concerto, come ha sempre fatto, e nel 2010 parte per un tour estivo che la conduce all’amena località di Bollate. È qui che io e la mia migliore amica, unite dall’amore per Tori e dal brutto ricordo dei precedenti tour, assistiamo al miracolo.
Tori è viva!

(Tori Amos recita Lady Lazarus di Sylvia Plath)

Alla precedente data milanese Tori aveva commesso una gaffe, ed evidentemente se l’è legata al dito. La sua voce non era stata all’altezza, spezzandosi a metà di un magnifico acuto che fa “We’ll see how brave you are, WE’LL SEE…”

Tori fa vedere a tutti quanto è coraggiosa, e questa volta lo segue perfettamente, con una soddisfazione che le si legge in faccia. Poi canticchia felice: “Ehi, stasera sto andando proprio bene, dev’essere merito del cibo italiano!”

tori amos

Tori Amos in una recente foto

Da quel momento, Tori inizia a recuperare la padronanza del pianoforte, i chili persi, la sua faccia. Incide Night of Hunters, in cui, su melodie reinterpretate di Mendelssohn e Schubert, si interroga su come l’essere moglie e madre abbia influito sulla sua libertà artistica. Ci sono molte cose che è meglio tacere, quando sai che tuo marito e tua figlia ti stanno ascoltando, ma fino a che punto è giusto censurarsi per non turbare l’armonia famigliare?
Il recentissimo Unrepentant Geraldines riprende il discorso da dove era stato interrotto, con dei testi che (come ai bei tempi in cui Tori ruggiva “So you can make me cum? It doesn’t make you Jesus”) non vanno affatto per il sottile.
In Wild Way si rivolge direttamente al marito: “I hate you, I hate you, I do […] Don’t forget you were the one who loved my wild way”, e in “Oysters” si domanda: “Did I somehow become you without realizing?”
Oysters è anche il brano in cui ammette i suoi fallimenti (“Not every girl is a pearl”), e afferma: “I’m working my way back to me again”. Che però non significa fingersi una ventenne, come messo in chiaro dal testo al vetriolo di 16 Shades of Blue, riassumibile in: “Come dite, discografici? A cinquant’anni sono troppo vecchia per suonare? WATCH ME.”
Poi Tori inforca gli occhiali più grossi e appariscenti sulla piazza, perché da quando è entrata in menopausa non ci vede più un tubo, e parte per un tour che riesce a far ricredere anche chi ormai la dava per spacciata.

La prova definitiva arriva al concerto di Milano del 3 giugno 2014, quando Tori esegue la famigerata “The Power of Orange Knickers”. E spacca. Eseguita da lei, perfino quella canzoncina scialba riesce a brillare. Perché la ragazza dai capelli rossi ha finalmente ritrovato la sua voce, e con essa il suo potere di trasformare ogni cosa che tocca in oro. Perfino le mutande arancioni.

…e se dopo tutto questo avete ancora voglia di sentir parlare di Tori Amos, ecco una playlist di giochi di potere, patti e negoziati, stregonerie e rituali magici:
– Girl
– Little Earthquakes
– God
– Waitress
– Yes, Anastasia
– Sister Janet
– Beauty Queen/Horses
– Spark
– Cruel
– She’s Your Cocaine
– Suede
– Pancake
– Virginia
– The Beekeeper
– Smokey Joe
– Shattering Sea
– Nautical Twilight
– Wild Way
– Unrepentant Geraldines
…e, naturalmente, The Power of Orange Knickers!

Fonti:
– dieci anni di devozione
– Jay S. Jacobs – Tori Amos. La biografia
– l’inestimabile fansite www.yessaid.com


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  1. Darko

    1 Agosto

    E del duetto con la figlia cosa ne pensi?

  2. CRISTNA

    1 Agosto

    Smetterò di vergognarmi per quel duetto nell’anno 3000, ma il cuore di mamma di Tori è qualcosa con cui dobbiamo imparare a convivere e far finta di niente, un po’ come quando nostra madre sputava sul fazzoletto e poi lo usava per pulirci la faccia.

  3. martina

    8 Agosto

    “Scarlet’s Walk” mi ha accompagnata per anni – mappa degli Stati Uniti del booklet inclusa. Bell’articolo, mi è tornata voglia di riprendere in mano i suoi dischi dopo tanti anni.

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