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Maria I di Inghilterra, la Sanguinaria

Maria I di Inghilterra, la Sanguinaria

“Vi è qualche irregolarità nei pasti e nei cibi che ella mangia che le provocano dei disturbi, la conseguenza è che non ha le mestruazioni come dovrebbe”.

Questa fu la frettolosa conclusione cui giunse, nel 1510, un preoccupato ambasciatore spagnolo, inviato alla corte del potente re d’Inghilterra Enrico VIII e chiamato a pronunciarsi sulla salute della regina Caterina d’Aragona e, soprattutto, sulla sua incapacità di generare dei figli. L’assenza di un erede maschio rendeva ogni discendenza precaria. Caterina non aveva avuto figli dal suo primo matrimonio e continuava ad andare incontro ad aborti, irregolarità nel ciclo mestruale e alla sofferenza di partorire figli morti. Dopo molti anni di dolorosi tentativi, il 18 febbraio del 1516, Caterina riuscì a portare a termine felicemente una gravidanza dando alla luce una creatura viva e sana, una femmina che chiamarono Maria. L’ambasciatore di Venezia Giustiniani attese parecchio tempo prima di congratularsi con il re a nome del doge per la nascita della principessa, e spiegò eloquentemente la cosa allo stesso doge: “Si fosse trattato di un maschio non sarebbe stato opportuno rimandare i rallegramenti”.

"Queen Mary I" (1516-1558), Anonyme 1544.La personalità di Maria I Tudor non può essere compresa senza tenere conto dell’influenza che la madre e il padre ebbero su di lei. La religiosa e sofferente Caterina affidò l’educazione della principessa all’umanista spagnolo Juan Luis Vives, nella speranza di tenerla lontana dalle frivolezze della variopinta corte inglese di re Enrico VIII, un re forte e vigoroso, inarrestabile e lussurioso. Caterina era una donna dilaniata da tensioni intense che agivano dentro di lei: il timore di Dio, l’obbedienza al marito, il dovere di mantenere la sua dignità di regina erano parti integrate fra loro in un sistema di valori contraddittorio da cui le donne tuttavia non potevano sfuggire.

Il programma di studi preparato da Vives era caratterizzato da un intrinseco maschilismo, secondo cui la donna rappresentava per natura “lo strumento del diavolo e non di Cristo”, e soprattutto insisteva molto sull’ambiente in cui la principessa avrebbe dovuto crescere. Maria non doveva rimanere in compagnia di uomini, le sue dame di compagnia dovevano essere “malinconiche, pallide e poco eleganti”, inoltre riteneva opportuno che la principessa non sviluppasse molta fiducia in se stessa e prendesse piuttosto l’abitudine ad appoggiarsi agli altri. Se da una parte l’educazione di Maria la rese una donna colta, dall’altra la conduceva verso un perenne senso di inferiorità. Il suo fu un indottrinamento di stampo più spagnolo che inglese, che ostacolava la sua integrazione, tanto nelle sfera sociale che in quella personale: da una parte l’esempio di donne che facevano la storia, come sua nonna Isabella di Castiglia, dall’altro “lo sguardo sempre rivolto a Cristo”.

L’infanzia di Maria fu piuttosto ordinaria considerata l’epoca e il rango. Vedeva regolarmente i genitori e veniva sistematicamente promessa sposa a vari uomini, a seconda delle finalità militari e strategiche del padre. La sua vita cambiò quando il padre si innamorò di una donna di corte, Anna Bolena, e decise di divorziare per lei. Improvvisamente al centro della Storia, Maria venne utilizzata tanto dal padre quanto dalla madre come arma, per colpirsi reciprocamente. Si ritrovò in mezzo ad una battaglia fatta di ricatti morali, vessazioni e umiliazioni in crescendo, fino alla nascita di Elizabeth, nel 1533, cui vennero dati i titoli fino ad allora suoi.

Maria aveva quindici anni e, seguendo l’esempio della madre, si rifiutava categoricamente di riconoscere Elizabeth come legittima erede e principessa. Per punizione la sua corte, fatte dalle uniche persone che le erano state sempre accanto durante la sua vita, venne allontanata da lei, compreso Vives. Fu costretta a fare da cameriera alla sorella e venne dichiarata bastarda nel 1534. Contestualmente, Maria cominciò a manifestare sintomi di un disturbo che i medici rinascimentali definivano “strozzamento dell’utero” o “asfissia dell’organo genitale femminile”. Questa vaga terminologia riassumeva una serie di sintomi, tra cui la scomparsa del ciclo mestruale, ed era attribuita alla mancanza di rapporti sessuali. Le cure erano rudimentali se non brutali, e andavano dalle lunghe cavalcate, ai suffumigi uterini, all’introduzione di sanguisughe nel collo dell’utero.

Mentre Maria cercava di rimettersi dalla sua ignota malattia, lontana dalla madre e in solitudine, la politica di Enrico VIII si fece sempre più efferata contro gli oppositori. Alla morte di Caterina, nel 1536, Maria venne informata senza troppi giri di parole da Margaret Shelton, una cugina di Anna, e rimase priva di sponde emotive. A Maria era stato meticolosamente insegnato ad odiare Anna e sua figlia. Quando Anna venne accusata di tradimento dal re (che subito dopo il matrimonio aveva preso a tradire a a disprezzare anche lei, come aveva fatto con Caterina), e morì decapitata nel 1536, Maria rafforzò ulteriormente la fede verso suoi principi, verso tutte quelle contraddizioni imparate dalla madre e da Vives, all’interno di un paese in mutamento accelerato.

Dopo il terzo matrimonio di Enrico i problemi di discendenza si ripresentarono. A Maria venne imposto di firmare un “atto di sottomissione” al padre e, di fronte al suo iniziale rifiuto, tanto il re quanto i suoi emissari ritenevano inconcepibile che una giovane donna fosse tanto ostinata e capace di coerenza di pensiero. Il padre, che con lo scisma in atto rappresentava non solo un re ma una semi-divinità, non poteva concepire che una donna, per di più sua figlia, non si assoggettasse al suo volere, e si riferiva a Maria come “quel testardo sangue spagnolo”. La sua capitolazione coincise curiosamente con la distruzione delle abbazie e dei monasteri in Inghilterra e, per quanto fosse stata sofferta, le garantì una relativa stabilità per gli anni successivi. Anni durante i quali Maria riorganizzò un suo seguito personale e strinse delle alleanze politiche internazionali, lasciate come eredità dalla madre tanto amata.

Enrico VIII morì nel 1547. Dopo sei matrimoni, aveva avuto un solo erede legittimo maschio da Jane Seymour, Edoardo VI, che gli successe. Questo figlio era diverso dal padre: facilmente manipolabile e cagionevole di salute. Nel 1553 mostrava i sintomi di una grave tubercolosi, e non aveva alcun erede maschio. C’era il rischio che Maria salisse al trono, in un’epoca in cui era impensabile che una donna disponesse di tanto potere e veniva data per assodata la sua incapacità strategica e militare (e non aveva alcuna importanza che Maria fosse colta e intelligente). Per di più, Maria era ancora nubile. In tutta fretta venne ratificata una nuova “Regola di successione”, volta ad escludere Maria, temendo che una volta regina riportasse l’Inghilterra nell’orbita papista e si vendicasse di coloro che le avevano fatto subire infinite umiliazioni. La “Regola” era stata ratificata da John Dudley, potente membro del Consiglio privato, e indicava come successore la sua giovane nuora Jane Grey, protestante. Maria negli anni aveva mantenuto un’incrollabile fede religiosa (mentre nel resto dell’Inghilterra la distruzione dei simboli della vecchia fede proseguiva, ella partecipava con regolarità alle funzioni latine, mostrando fede, ma anche anticonformismo e libertà di pensiero), era diventata una donna volitiva e determinata e, soprattutto, non aveva dimenticato che lei era l’erede legittima, come le era stato ripetuto fin dalla sua nascita. Nonostante al trono fosse salita Jane, dopo soli nove giorni Maria fu in grado di conquistare il popolo: molti nobili e soldati si schierarono con lei, ma anche contadini che si arruolavano volontariamente nel suo esercito. Il 19 luglio del 1553, Maria veniva proclamata legittima regina nella pubblica piazza.

Illustrazione di Ester Rossi

Illustrazione di Ester Rossi

Il regno di Maria è stato considerato un regno oscuro e repressivo, e la stessa Maria è ricordata principalmente per il tentativo di restaurare il cattolicesimo in Inghilterra dopo la Riforma per la spietatezza con cui uccise centinaia di oppositori religiosi, spietatezza che le ha fatto guadagnare il temibile appellativo di Bloody Mary, Maria la Sanguinaria, e ci sono pochi cenni alla sua personalità coraggiosa ed orgogliosa.

È lecito pensare che Maria avesse ereditato molti dei suoi comportamenti anche dal padre, ma quegli stessi comportamenti che affascinavano in un uomo risultavano arroganti in una donna. Ci sono pochi cenni circa la sua infelicità e i dolori che aveva dovuto vivere, ultimo dei quali fu l’illusione di avere un erede, ennesimo dovere di una regina che voleva essere fedele a tutti: a Dio, alla madre, al padre, al popolo (sia quello inglese sia quello spagnolo). Come per la madre, anche per lei l’irregolarità mestruale fu una condanna, e quella che sperava fosse una gravidanza era invece un tumore che la uccise.

Se la nascita di Maria non era stata considerata meritevole di rallegramenti veloci perché si trattava di una femmina, il giorno della sua morte, il 17 novembre 1558, coinciso con l’ascesa al trono della sorella Elizabeth, è stato invece festeggiato come festa nazionale per i due secoli successivi. Questa è stata l’ultima umiliazione nella vita della regina, definitivamente segnata dal sangue.


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  1. fairylizzie

    17 Ottobre

    Articolo interessantissimo!
    Consiglio particolarmente il libro “Le sei mogli di Enrico VIII” di Antonia Fraser per avere una visione più completa del periodo storico.

  2. Teseo

    13 Giugno

    Articolo escrementizio. Consiglio la lettura del libro: “Elisabetta la sanguinaria ” di Elisabetta Sala, edizioni ARES 2018. Euro 23. ISTRUITEVI, IGNORANTI !

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