La pulizia gioiosa di Marie Kondo

Marie Kondo è una professionista giapponese del riordino e del decluttering, l’attività che aiuta a liberare gli spazi da oggetti superflui e divenuti inutili. Nel 2014, KonMari – come ora è chiamata dai fan – diventa una star planetaria pubblicando il libro Il magico potere del riordino, in inglese The Life-Changing Magic of Tidying Up. Di recente è uscito il seguito in inglese del primo bestseller, chiamato Spark Joy, dove il testo si arricchisce di immagini per aiutare il lettore ad applicare più efficacemente i suoi insegnamenti.

Potreste aver sentito menzionare Marie Kondo nel recente sequel di Gilmore Girls; in una scena epocale (che potete vedere anche nel trailer, quindi no real spoiler here!) Emily Gilmore si avvale del metodo Kondo per riordinare la casa dopo la morte del marito, spiegando a Lorelai come funziona il sistema di sgombro in una frase che riassume gran parte della filosofia di KonMari:

If it brings me joy, I’ll keep it, and if it doesn’t, I’ll throw it away.

Se mi dà gioia lo tengo, altrimenti lo butto.

Marie Kondo sostiene che per vivere una vita più felice bisogna liberarsi di quegli oggetti che non ci danno più gioia. Questa regola si applica ad ogni categoria di oggetti: vestiti, libri, campioni di shampoo e scatole di ricordi di famiglia, tutto deve essere soppesato sulla bilancia della gioia prodotta alla vista, tatto e ricordo suscitato dall’oggetto.

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Marie Kondo illustrata da Carol Rollo

Nel suo libro, Marie Kondo dà una serie di suggerimenti pratici su come liberarsi fisicamente degli oggetti in eccesso, ad esempio evitando di avere familiari in casa al momento fatidico, perché possono comportarsi come “avvoltoi predatori” e decidere di tenere oggetti che voi invece volete scartare.

Un’altra regola è quella di procedere allo smistamento in base alla categoria degli oggetti, e non in base al luogo della casa dove si trovano. Si parte preferibilmente da oggetti meno emotivamente carichi di significato, fino a quelli più personali, come foto e lettere. Inoltre, una volta deciso cosa tenere, Marie Kondo consiglia come disporre gli oggetti salvando spazio e mantenendo un ordine preciso all’interno della casa.

Il successo straordinario di Marie Kondo sta forse nel fatto che, partendo da un riordino del proprio spazio vitale, le persone che usano il suo metodo e si pongono una domanda semplice (ma complessa) come “Questa cosa mi dà gioia?” possono applicare il suo metodo anche a cosa non materiali – leggasi, relazioni interpersonali, professioni, eccetera. La stessa Kondo racconta come i suoi lettori e clienti siano riusciti a rifarsi una carriera, divorziare e cambiare la loro vita partendo dal piccolo risultato di aver messo ordine nella propria casa, e di conseguenza di aver iniziato il processo di mettere ordine anche nella propria vita.

Marie Kondo tocca anche punti “scabrosi”, come il liberarsi da oggetti considerati troppo preziosi per essere gettati. Si parla dei libri che non abbiamo mai letto – e forse non leggeremo mai – oppure libri che abbiamo letto, non ci hanno suscitato particolari sentimenti, e di conseguenza dovrebbero trovare una nuova collocazione anche se pensiamo sia criminale trattare i libri come vecchie camicie. Anche i cimeli di famiglia e i ricordi ricevono lo stesso trattamento: non tutto deve necessariamente essere ricordato tramite un oggetto, perciò via!

L’approccio di Marie Kondo è sicuramente innovativo per il mondo occidentale, ma non così tanto nel suo paese d’origine. Il Giappone ha una tradizione secolare di attenzione alla pulizia e al riordino, sia nella sfera privata che in quella pubblica. In un breve ma interessante documentario della NKH World, ho scoperto come la cultura giapponese veda nella pulizia dei luoghi pubblici una sorta di applicazione della morale: si è persone migliori e socialmente integrate se si pulisce lo spazio che si occupa, sia esso quello di casa che quello del tempio, dell’ufficio o della scuola.

Antecedente importante di Marie Kondo nel panorama del riordino è The Art of Discarding di Nagisa Tatsumi del 2000. Nel suo libro, Nagisa Tatsumi offre alle case giapponesi, straripanti di oggetti frutto del benessere economico degli anni ’80, un po’ di sollievo: il suo metodo è severo, quasi brutale. Gli oggetti inutilizzati devono essere buttati senza nemmeno dargli un’ultima occhiata, nello stesso momento in cui li si nota dopo tempo.

Nagisa Tatsumi affronta anche il senso di colpa che i giapponesi provano nel liberarsi di regali – che sono parte importate della cultura giapponese – suggerendo di scartare oggetti con riti, come quello del hari kuyo, dove i vecchi aghi da cucito vengono portati ad un tempio e abbandonati con una cerimonia rituale.

La pulizia nella cultura giapponese è una questione di riordino spirituale: pulendo si portano energie positive nei luoghi, ci si qualifica come cittadini socialmente attivi e impegnati, e si dimostra gratitudine e apprezzamento per le esperienze che sono avvenute in determinati luoghi poi puliti. Marie Kondo suggerisce infatti di ringraziare ogni oggetto che si decide di scartare per il servizio che ci ha reso, e in un altra serie di video su Youtube la si vede ringraziare le case che sta per andare a svuotare, in modo da onorare il loro spirito e identità.

Riguardo al tema del consumo, in un articolo del Guardian di febbraio 2016, l’autore James Wallman sostiene che:

[…] the large interest in Kondo’s work proves there is a problem with overconsumption, but it does not address the very root of it. Purging your possessions using the KonMari method is really only the first step to un-learning this mindset. He reccomends shifting mental focus first by purging, followed by making an marked effort not to “re-stuffocate” and then most importantly by shifting the money you would normally spend on more stuff to memorable and enriching experiences.

Il grande interesse nel lavoro di Kondo prova che esiste un problema di iper-consumismo, ma non tocca le veri radici del problema. Scremare i propri oggetti usando il metodo KonMari è solamente il primo step per disimparare questo tipo di mentalità. [Wallman] suggerisce di cambiare questa mentalità attraverso una scrematura iniziale, seguita da uno sforzo per non soffocare nuovamente lo spazio, e ancora più importante, dedicando i soldi che prima normalmente avremmo speso in comprare più cose, verso esperienze più stimolanti e meritevoli.

Marie Kondo è entrata nella mia vita in un momento di caos, dove effettivamente il suo metodo analitico ha avuto un successo inaspettato: non posso dire che tutto quello che mi circonda mi dà gioia, ma sicuramente non mi dà noia, e sì, ho infinitamente meno oggetti.

Marie Kondo affronta il problema di come organizziamo il nostro spazio in maniera non superficiale: chiedersi se quello che possiedi rappresenta il tuo modo di voler vivere non è scontato. Avere meno oggetti spinge ironicamente a volerne di meno: avere svuotato la libreria di casa di oltre 100 titoli, e aver comprato un Kindle sono state due cose che si sono succedute in maniera spontanea. Aver voluto comprare un armadio più piccolo rispetto a quello precedente per ricordarsi di contenere gli acquisti ha avuto ancora più senso.

Una volta preparati gli scatoloni di libri da portare ad un negozio dell’usato, e i sacchi di vestiti che non volevo più, è stato inevitabile chiedermi se avrei voluto riempire lo spazio vuoto con nuovi oggetti, e la risposta onesta è stata: la tentazione c’è sempre. Però è bello avere più attenzione per cosa si compra e perché.


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