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Riscrivere il “Reader, I married him” di Jane Eyre

L’adolescenza è quel periodo della vita in cui, tra le altre cose, si leggono tantissimi classici. Forse non tutt* ne leggono in gran numero, ma è in quegli anni che le persone che amano leggere li scoprono e ne leggono uno dietro all’altro, anche per via dei programmi scolastici. Con i classici si può avere un rapporto difficile, soffrirli, alcuni si arriva addirittura a odiarli perché ci sono stati imposti; altri risultano semplicemente noiosi. In alcuni casi però un’adolescente legge un classico e pensa di aver capito qualcosa di importante; legge un romanzo scritto 200 anni prima e comincia a guardare a ripetizione i film che ha ispirato, ricopia le sue citazioni preferite, si immagina nei panni dei protagonisti. Magari scrive un racconto di fan fiction.

Ci sono molte ragioni per cui Jane Eyre di Charlotte Brontë può essere questo libro per molte ragazze. Intanto perché è uno dei pochi classici scritti da una donna. Poi perché è narrato in prima persona, e la protagonista è una ragazza giovane, intraprendente, coraggiosa e determinata, in particolare rispetto alle donne della prima metà dell’Ottocento. E infine perché Jane parla proprio a te che stai leggendo. Una delle citazioni più famose del libro, tratta dal capitolo finale, è proprio “Reader, I married him”, cioè “Lettrice, l’ho sposato”*.

Reader, I married him. A quiet wedding we had: he and I, the parson and clerk, were alone present.

Il 21 aprile 2016 è stato il bicentenario della nascita di Charlotte Brontë, autrice di Jane Eyre oltre che dei romanzi meno noti Shirley, Villette e Il professore. Charlotte era la maggiore delle sorelle Brontë, aveva due anni più di Emily, autrice di Cime tempestose, e quattro più di Anne, autrice di Agnes Grey e di La signora di Wildfell Hall. Le tre scrittrici inglesi pubblicarono i loro primi romanzi (nel caso di Emily, l’unico) nel 1848 con gli pseudonimi maschili di Currer, Ellis e Acton Bell. In occasione dell’importante anniversario di quest’anno la scrittrice statunitense Tracy Chevalier, autrice tra gli altri di La ragazza con l’orecchino di perla, ha chiesto a venti altre scrittrici di lingua inglese di scrivere un racconto ispirato all’iconica frase e così è nata l’antologia Reader, I married him, pubblicata in italiano dalla casa editrice Neri Pozza con il titolo L’ho sposato, lettore mio.

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Intanto una nota sulla copertina del libro originale, vagamente kitsch, ma molto azzeccata: c’è un melograno a forma di cuore, tagliato a metà. Un unico frutto fatto di tanti singoli semi, come una buona antologia di racconti – cosa che Reader, I married him sicuramente è – ma anche un simbolo con una lunga storia. Il melograno infatti ha un significato simbolico in molte religioni: in alcuni casi è un simbolo di fecondità, ma per la religione cristiana indica anche il martirio, per via del rosso sangue del suo succo. Entrambi i significati si prestano a un’associazione con il matrimonio, che è visto sotto questi due aspetti anche nei racconti dell’antologia.

Nell’introduzione ai racconti Chevalier spiega come mai il personaggio di Jane Eyre ha tuttora un fascino molto forte per i lettori e può essere una fonte di ispirazione per chi scrive**: Jane è sfigatissima, è un’orfana povera, maltrattata sia dai suoi unici parenti sia da chi gestisce la sua scuola, ha un’unica vera amica, che però si ammala e muore, e nonostante questo è determinata e non si comporta da vittima. È intelligente e spiritosa, è solo un’istitutrice ma di sé pensa: 

I am no bird; and no net ensnares me; I am a free human being with an independent will.

(che significa “Non sono un uccellino e non c’è una rete che possa imprigionarmi. Sono un essere umano libero con una volontà indipendente”). E la frase che dà il titolo alla raccolta di racconti curata da Tracy Chevalier riflette a sua volta la forza di Jane: è lei a sposare Edward Rochester, e non il contrario – come probabilmente sarebbe stato senza il primo tentativo di nozze tra i due personaggi.

Molte delle autrici che hanno partecipato all’antologia non sono mai state pubblicate in Italia, altre come la scrittrice turca Elif Shafak (La bastarda di Istanbul) e l’americana Audrey Niffenegger (La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo) sono abbastanza conosciute. C’è anche Emma Donoghue, autrice del romanzo che ha ispirato il film Room (2015). I racconti dell’antologia sono molto diversi tra loro, anche se alcuni hanno degli elementi in comune.

Cinque hanno per protagoniste delle donne che hanno un’origine molto diversa da quella di un’istitutrice inglese dell’Ottocento: Ayla di A Migrating Bird di Elif Shafak è turca e porta lo hijab; Teresa di The China from Buenos Aires di Patricia Park è una ragazza nata in Argentina da genitori coreani che si trova nella New York degli anni Ottanta senza sapere bene l’inglese; la Party Girl di Nadifa Mohamed abita nel Regno Unito ma è di origine somala; la protagonista di The Mash-Up di Linda Grant proviene da una famiglia di origine ebrea e si sposa a Londra con un ragazzo di origine iraniana; Mama Lota e Nanjela di Double Men di Namwali Serpell sono due donne di mezza età che vivono in Zambia. Patricia Park peraltro è autrice di Re Jane, una re-interpretazione contemporanea del romanzo di Charlotte Brontë, in cui la protagonista è una coreano-americana.

Sette racconti della raccolta invece provano a raccontare la storia di Jane Eyre dal punto di vista di un altro personaggio, o immaginando il seguito della storia raccontata nel libro – come già l’ottimo romanzo per ragazzi di Bianca Pitzorno La bambinaia francese, la cui protagonista è Sophie, un personaggio secondario di Jane Eyre. Alcuni di questi racconti (Grace Poole Her Testimony di Helen Dunmore e Reader, She Married Me di Salley Vickers) cercano di dare giustizia al personaggio di Bertha, la moglie “pazza” di Edward Rochester, che meriterebbe un trattamento molto migliore di quello che riceve nel libro, possiamo dire oggi. The Orphan Exchange, il racconto di Audrey Niffenegger, invece è una versione di Jane Eyre ambientata in un futuro semi-apocalittico dove una grande guerra infuria negli anni dell’infanzia di Jane: la storia prende una direzione diversa in questo racconto e così l’idea di matrimonio.

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Probabilmente la faccia che Jane Eyre farebbe oggi all’idea di sposarsi.

La maggior parte dei racconti del libro contiene una visione particolare del matrimonio, anche se nessuno di essi si propone di dare un significato preciso a questa istituzione, piuttosto ne raccontano diverse versioni, positive o meno. Jane Eyre unisce, ma è solo un punto di partenza, tanto che in alcuni racconti non c’è nessun riferimento alla sua storia. In fondo al volume le biografie delle autrici raccontano le loro esperienze con Jane Eyre e anche queste sono molto diverse: ad esempio, Namwali Serpell lo ha letto a 15 anni in Zambia, mentre Elizabeth McCracken (autrice del racconto Robinson Crusoe at the Waterpark, che parla di matrimonio tra uomini) lo ha letto solo dopo i 30 anni. Susan Hill (autrice del racconto Reader, I Married Him, la cui protagonista non è Jane Eyre ma un personaggio storico che non si dice perché no spoiler) ha detto di non aver mai letto Jane Eyre. Lionel Shriver (autrice del racconto The Self-Seeding Sycamore) ha confessato di aver riguardato delle trasposizioni televisive per ricordare la storia del romanzo.

Leggere questo libro non è solo un’ottima esperienza di lettura di racconti, ma è anche un modo per scoprire un sacco di scrittrici di cui probabilmente continueremo a sentire parlare nei prossimi anni. Come ha scritto Samantha Ellis nella sua recensione dell’antologia sul Guardian: «Non riesco a non pensare che se Brontë potesse partecipare a una delle celebrazioni per il suo bicentenario, questa raccolta le piacerebbe tantissimo. Dopo tutto Jane Eyre è venuto fuori da un modo molto emancipato di raccontare storie, da lunghe notti trascorse nella casa di un pastore da tre sorelle che attorno a tavolo scrivevano e riscrivevano le loro storie, nel miglior laboratorio di scrittura che ci sia mai stato». L’unica controindicazione è che si potrebbe essere pres* dall’impulso di provare a dare una propria versione del “Reader, I married him”.


* Questa breve traduzione è mia. Ho letto il romanzo in inglese e dovendomela tradurre non riesco a non chiamarmi “lettrice”, anche se ovviamente l’inglese “reader” non ha genere e non penso Jane si rivolgesse solo alle donne, nonostante, come si sa, statisticamente è molto più probabile che chi legga sia una donna.

** Ci sono moltissimi libri ispirati a Jane Eyre. Più sotto ne cito un altro, ma il mio preferito rimane il primo volume della serie da nerd dei libri sul personaggio di Thursday Next dello scrittore gallese Jasper Fforde, Il caso Jane Eyre. È un’ucronia ambientata in un 1985 in cui la Guerra di Crimea ottocentesca non è mai finita, ci sono i dodo e a un certo punto i personaggi dei libri diventano veri.


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