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Hillary Rodham Clinton: cinque punti chiave della campagna presidenziale

2016
Dopo aver annunciato la sua candidatura alle presidenziali del 2016, Hillary Rodham Clinton ha tenuto il suo discorso di inizio candidatura il 13 giugno di quest’anno. Non ha trattato moltissimi temi: la sua agenda politica è stata riassunta in poche frasi chiave e molto è stato detto sul passato, in sia in termini di politica che della sua storia familiare. Si è parlato anche della sue differenze dai candidati repubblicani; Clinton è stata spesso tacciata, nonostante l’essere dichiaratamente democratica, di avere un pensiero politico difficilmente inseribile in un solo partito).

Questi sono i punti principali da tenere d’occhio nel corso della sua campagna, che si concluderà solo tra più di un anno con le elezioni dell’8 novembre 2016.

I diritti della classe media

Il suo interesse si è dimostrato principalmente rivolto alla classe media, di cui Clinton ha detto di volersi impegnare a migliorare le condizioni economiche e lavorative.

The middle class needs more growth and more fairness. Growth and fairness go together. For lasting prosperity, you can’t have one without the other.

La classe media ha bisogno di maggiore crescita e maggiore correttezza. Crescita e correttezza vanno di pari passo. Per una prosperità duratura, non si può avere una delle due senza l’altra.

 

L’impegno nei confronti dei diritti umani

Nel sottolineare le sua distanza dal pensiero repubblicano, Hillary ha sottolineato il suo impegno nei confronti dei diritti umani, in particolare quelli di donne e bambini, dei quali si è occupata numerose volte in passato durante la sua carriera, prima da avvocatessa e poi da politico.

Hillary Clinton alla New School di New York il 13 giugno 2015. Foto EPA/JUSTIN LANE

La battaglia per la parità di diritti

Riguardo la sua battaglia per la parità di diritti celebre è stato il suo discorso svoltosi a Pechino nel settembre del 1995 in occasione della Quarta conferenza mondiale sulle donne, nella quale aveva criticato fortemente tutte le ingiustizie di cui erano vittima le donne cinesi, esordendo con una frase che poi sarebbe diventata famosa:

It is no longer acceptable to discuss women’s rights as separate from human rights.

Non è più accettabile parlare dei diritti delle donne come diritti separati da quelli umani.

In quel frangente, per pronunciare il suo discorso aveva resistito alle forzature che le erano state imposte sia dall’amministrazione interna (guidata allora dal presidente e suo marito Bill Clinton) e dall’amministrazione cinese di rendere meno duro il suo intervento alla conferenza.

Nel suo discorso di inizio campagna, Clinton ha deciso di continuare su questa linea, e di rafforzarla con dichiarazioni importanti riguardanti non solo le donne (dei quali dice di voler ottenere la parità di stipendio e i diritti sull’aborto), ma anche la comunità LGBT e le persone di colore, criticando le posizioni che i candidati repubblicani mantengono sugli stessi temi.

They shame and blame women, rather than respect our right to make our own reproductive health decisions. They want to put immigrants, who work hard and pay taxes, at risk of deportation. And they turn their backs on gay people who love each other.

Loro incolpano le donne piuttosto che rispettare il nostro diritto di prendere da sole le decisioni riguardo la nostra salute riproduttiva. Loro vogliono mettere gli immigrati, che lavorano duro e pagano le tasse, a rischio di deportazione. E loro voltano le spalle alle persone omosessuali che si amano.

 

I diritti LGBT: una posizione controversa

In passato, la posizione di Clinton riguardo ai matrimoni gay si è dimostrata molto vaga e per questo è stata accusata di un cambiamento di idee dovuto puramente alla sua immagine politica.

Nella campagna presidenziale del 2008, Clinton infatti si era dimostrata contraria ai matrimoni gay, dicendo di non voler prendere nessun provvedimento a livello federale ma di voler lasciare la decisione in mano ad ogni stato. Nonostante questo, sia nel 2004 che nel 2006 aveva votato contro il Federal Marriage Amendment che cercava di proibire i matrimoni dello stesso sesso.

Recentemente, ad ogni modo, la sua posizione è cambiata: durante il periodo di attesa del responso della Corte Suprema, Clinton è stata una dei politici maggiormente a favore dell’istituzionalizzazione dei matrimoni gay. Nel 2011, in un altro discorso tenutosi di fronte al United Nations Human Rights Council, Clinton si è sbilanciata dicendo che gli Stati Uniti avrebbero sostenuto i diritti dei gay e la loro protezione legale all’estero.

 

I diritti delle donne di colore

Clinton poi ha voluto dimostrare non solo la sua voglia di lavorare ai diritti delle donne, ma in particolare ai diritti delle donne di colore. Un’importante affermazione a riguardo è stata l’assunzione nel suo team di Maya Harris, professoressa di legge e sorella della senatrice della California Kamala Harris, l’unica tra i membri del suo team che non aveva già seguito in precedenza lei e Bill Clinton nella loro vita politica.

La ragione della sua assunzione è stata probabilmente l’indirizzo seguito recentemente da Harris nei suoi studi: come membro del Centro per il Progresso Americano, Harris ha infatti pubblicato una ricerca intitolata “Women of Color: A Growing Force in the American Electorate”, nella quale critica i politici per il loro rivolgersi alle donne di colore come fossero “una parte di uno sforzo più ampio mirato alle donne, ai giovani o ad uno specifico gruppo razziale o etnico”.

Nella stessa pubblicazione sostiene anche che le donne di colore sono un’unità votante sempre in crescita e che ogni politico che punta alla vincita dovrebbe assicurarsi che gli interessi di questo gruppo siano prioritari nella propria agenda politica. Harris sostiene la sua tesi con dati che dimostrerebbero che in ogni sottogruppo le donne votano più degli uomini, e che in percentuale negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente il numero di donne di colori votanti rispetto alla percentuale delle donne bianche.

 

 

Clinton di promesse ne ha fatte molte e molto importanti, si vedrà se sarà capace di mantenerle, sempre nell’eventualità di una sua elezione, che indipendentemente dal suo pensiero politico avrebbe un significato importante in termini storici per essere la prima donna a diventare Presidente degli Stati Uniti.

Hillary ne è consapevole e sta sfruttando questo elemento a suo favore. Così infatti ha concluso il suo discorso, parlando dell’America che avrebbe voluto che sua madre potesse vedere:

“An America where a father can tell his daughter:  yes, you can be anything you want to be.  Even President of the United States.”

“Un’America in cui un padre può dire a sua figlia: sì, tu puoi essere chiunque tu voglia essere. Persino il Presidente degli Stati Uniti”

È possibile vedere l’intero discorso in lingua originale qui.

 


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